Instagram per Hotel

instagram per hotel

Instagram è uno dei social media più utilizzati oggi, a cui le persone ricorrono anche per trarre ispirazione e decidere la meta delle loro vacanze.

Instagram è il regno delle immagini: foto e video postati da persone di tutto il mondo creano un’immensa galleria fotografica che stuzzica la curiosità e la voglia di viaggiare.
Questo è uno dei motivi che lo rende uno strumento interessante all’interno di una strategia di marketing per hotel.

Il visual content marketing ha il compito di raccontare un brand ed emozionare le persone attraverso le immagini. Il potenziale di Instagram merita quindi di essere sfruttato, a patto che si tratti questo strumento con il dovuto rispetto. Prendersi cura del profilo Instagram aziendale non è un’attività così semplice come si può pensare; richiede infatti competenze, tempo e contenuti in abbondanza.

Abbiamo riassunto i 10 punti principali che andrebbero considerati per servirsi al meglio di Instagram per hotel.

1-Conosci il tuo target

Nei nostri articoli dedicati al web marketing per hotel, insistiamo sempre sull’importanza di aver chiara la propria unique selling proposition ed il proprio target di riferimento.
Definire chiaramente i propri valori, le proprie caratteristiche e sapere con chiarezza a chi si rivolge la propria proposta è fondamentale per una comunicazione specifica e di qualità, capace di raccontare l’hotel in modo credibile e interessante.

2-Foto e video di qualità

Instagram, l’abbiamo detto, è il social delle immagini e basta dare un’occhiata veloce per capire che ormai il livello di qualità è davvero alto.
Non si può pensare di catturare l’attenzione delle persone con scatti approssimativi o in formati diversi da quelli previsti dal social network.

Ci sono dei contenuti che possono essere prodotti in modo più spontaneo e meno strutturato, come nel caso delle stories, ma è importante avere un archivio di foto professionali, ad alto impatto visivo.

Non solo qualità ma anche quantità. Se stai pensando di usare Instagram per il tuo Hotel, sappi che ti servirà una galleria di foto molto ampia e variegata. Sì anche a brevi video.
Riguardo al “cosa” fotografare o filmare, non dovrebbero mancare:

– gli spazi dell’hotel (camere, spazi comuni, giardino, ristorante, Spa ecc.);

– dettagli dell’arredamento;

– lo staff e scene di quotidianità;

-i piatti, dalla colazione al ristorante;

-riprese dall’alto;

-foto con comparse

camera hotel

Non basta? Racconta il territorio. Prima di cercare un hotel, le persone scelgono il luogo dove trascorrere le vacanze. Promuovere il contesto naturale in cui sorge la struttura, far conoscere le esperienze che si possono fare; il patrimonio enogastronomico, culturale, artistico, e raccontare gli eventi nei dintorni sono tutte ottime idee.

Infine, è buona norma alternare i vari tipi di contenuto: quelli che riguardano strettamente la struttura e i servizi, e quelli sulla destinazione e i consigli di viaggio. Sì anche a mixare i diversi formati: video e foto, reels e brevi stories.

3-Storytelling: raccontati

Le foto devono essere accompagnate da didascalie: brevi testi accattivanti che facciano trasparire l’anima dell’hotel.
Non si tratta di essere prolissi, anzi, meglio rimanere entro poche battute. Poche ma efficaci.
Testi curati, utilizzando l’abituale tono di voce colorandolo, se serve, di sfumature più calde e accoglienti.
Via libera quindi a raccontare cosa accade dietro le quinte, le ultime novità, presentare i membri dello staff. Instagram dà l’occasione per mostrarsi autentici, spontanei, diretti e per trasmettere l’atmosfera che si respira in hotel.

Sfruttando questo potenziale narrativo si crea apertura, eliminando le distanze e dando un tocco di personalità alla propria struttura. Le persone si affezioneranno a voi ancor prima ancora di metter piede in albergo.

“Il marketing non riguarda più le cose che fai ma le storie che racconti”

4-Gli hashtag

Oltre al testo, su Instagram vanno inseriti anche degli hashtag appropriati. Quali sono? Per saperlo serve una ricerca dei migliori hashtag del settore e usare quelli più affini alla propria proposta. Inoltre, si può anche creare l’hashtag dell’hotel invitando gli utenti ad utilizzarlo per condividere le loro foto scattate in struttura.

Il proprio hashtag può essere inserito anche nella biografia: quella piccola descrizione che appare sotto il nome del profilo e che è il primo contenuto che le persone vedono.

#travel #beautifuldestination #holidays

5-Dialoga con i tuoi follower

Per creare un’interazione, un dialogo con il proprio pubblico non basta pubblicare contenuti (altrimenti si tratterebbe di un monologo), ma anche rispondere a commenti, domande e ai messaggi in Direct, la funzione di messaggistica privata di Instagram.

Per coinvolgere i follower e conoscere le loro opinioni, inoltre, si può lanciare un sondaggio o stimolare il dialogo ponendo delle domande. Come abbiamo visto nell’articolo dedicato alla comunicazione per hotel, è importante rispondere sempre anche alle obiezioni o ai commenti negativi; ne gioverà la vostra considerazione.

6-Crea: stories, reels e IGTV

Oltre i classici post, ci si può sbizzarrire con le Instagram stories, brevi filmati (max 60 secondi) temporanei, che scompaiono dopo 24 ore.

Le stories sono una sorta di aggiornamento rapido, perfette per raccontare in maniera spontanea ed immediata scene di quotidianità in hotel (es. lo staff che prepara la colazione). Possono essere arricchite con musica, testi, emoji e si possono anche creare sondaggi e quiz.

Se non si vuole farle sparire dopo le 24 ore, le stories possono essere messe “in evidenza”, cioè raggruppate all’interno di una sorta di album (Highlights). In questo modo rimarranno sempre visibili nello spazio sotto la biografia. Possono quindi essere create delle categorie tematizzate (es.paesaggi, relax, ristorante, ecc.) per mettere in evidenza i punti forti della struttura.

I Reels, invece, sono contenuti video che possono essere registrati in diretta oppure caricati dall’archivio di video già prodotti. Anche in questo caso possono essere accompagnati da musica e da effetti speciali.

A differenza delle stories, i reels non hanno una durata limitata ma restano sempre visibili nel profilo.

La loro caratteristica più speciale è che, al contrario di tutti gli altri contenuti, possono essere visti anche da chi non è follower della pagina. Per questo motivo sono i contenuti più efficaci per le aziende che sono su Instagram per promuovere la loro attività.

Ultima opzione è la IGTV, la “tv di Instagram”. Si tratta di video che, in questo caso, non hanno limiti di tempo e possono durare anche un’ora. Ideali per video di spiegazione, interviste e tutorial.

stories-instagram

7-Condividi

Oltre ai contenuti creati ad hoc, quindi foto e testi professionali, puoi condividere quelli degli ospiti. Le persone, infatti, amano immortalare i momenti delle loro vacanze, e non aspettano altro che i loro scatti vengano apprezzati e condivisi. Fondamentale in questo caso ricordarsi di menzionare e ringraziare gli autori delle fotografie.

La condivisione dei post è molto apprezzata dagli utenti poiché Instagram è il social della visibilità; ogni volta che si condivide un post si contribuisce alla sua diffusione. In una sola mossa, otterrai una nuova foto per la tua gallery e mostrerai apprezzamento e complicità ai tuoi follower.

Le foto dei clienti, inoltre, sono molto interessanti perché offrono un punto di vista diverso dal tuo, mostrando “dall’interno” situazioni in cui altri potenziali clienti si possono immedesimare.

instagram

8-Sii costante

Questo punto è importantissimo: pubblicare un post a settimana o meno è inutile, perché questo social network premia la costanza. Pensare di far crescere la propria pagina e l’engagement con i con i propri follower pubblicando a tempo perso o solamente in occasione di eventi, promozioni o in alcuni periodi dell’anno è utopistico.

Se si vuole usare Instagram in modo professionale serve una pubblicazione frequente, addirittura giornaliera. Per questo motivo all’inizio dell’articolo insistevo sull’importanza di avere un archivio fotografico molto nutrito.

I contenuti andrebbero pensati strategicamente, ragionando su un calendario editoriale di un intero anno e programmandoli anticipatamente, senza dimenticare di postare anche nei periodi di chiusura della struttura.

Ovviamente tutto questo richiede tempo; di solito, infatti, chi decide di usare Instagram seriamente, come strumento di marketing, affida i propri profili social ai professionisti del settore, quali le web agency.

Instagram per hotel non è un gioco ma richiede un impegno notevole anche in termini di tempo. Difficilmente all’interno della struttura alberghiera c’è una figura che può occuparsi anche di questo, oltre le naturali mansioni.

9-Monitora e scopri

Come Facebook, anche Instagram dà la possibilità di tener traccia di quello che avviene all’interno del social media. I dati “insight” mostrano le visite, i click, il numero delle volte che i post sono stati visti, le impression e altre informazioni come l’età e la provenienza geografica degli utenti, che possono essere utili per conoscere i potenziali clienti online.

instagram insight

10-Converti

Se è vero che Instagram non è un canale di vendita, e sono quindi sconsigliati contenuti esplicitamente commerciali, è anche vero che si può invitare il proprio pubblico a scoprire di più, accedendo al sito web della struttura. 

L’obiettivo finale cui auspica un albergatore è sempre quello di ricevere prenotazioni dirette. Ma l’utente, prima di arrivare all’acquisto, compie tanti piccoli passi. Uno di questi, ad esempio, è l’interazione (un commento o una richiesta di informazioni) dell’utente con un post di Instagram. Il fatto che l’utente sia rimasto colpito dal post e abbia commentato o posto una domanda è già un piccolo tassello verso la conversione. Queste piccole azioni si chiamano micro-conversioni.

Per favorire le visite al sito è fondamentale che l’indirizzo del sito web, oltre in calce ai post, sia presente anche nella biografia. 

A questo punto mi auguro che il sito su cui atterreranno sia mobile friendly, dato che Instagram viene utilizzato principalmente da smartphone.

Ovviamente esiste anche la possibilità di creare campagne pubblicitarie su Instagram, con le Instagram Ads, ma il lavoro organico di cui abbiamo parlato sinteticamente in questo articolo, ha come obiettivo quello di creare e mantenere una relazione con gli utenti. Per fare questo, come in tutte le relazioni, la chiave è il tempo, non il denaro.

Vuoi utilizzare Instagram per Hotel in modo professionale?

Sito web per hotel

sito web per hotel

Creazione siti web per hotel

La realizzazione dei siti web per hotel richiede alcune attenzioni speciali, per far sì che essi diventino efficienti strumenti per ricevere prenotazioni dirette.

Spesso accade che il sito web di un hotel non converta, non porti cioè a risultati desiderati (prenotazioni) e questo può avvenire per vari motivi; ad esempio:

  • L’hotel non comunica chiaramente la propria identità e non si rivolge ad un preciso target; di conseguenza chi atterra sul sito della struttura non trova ciò che cerca.
  • Il design del sito è poco accattivante e non è chiara la procedura di prenotazione.
  • Il sito carica lentamente o non si visualizza bene da mobile.
  • I prezzi e le descrizioni delle camere/servizi non sono chiari.
  • I termini e le condizioni di vendita e/o le politiche di cancellazione non sono spiegati bene.

Inoltre, in seguito alla comparsa delle OTA, sembra molto difficile riuscire a vendere camere direttamente sul sito web dell’hotel. Effettivamente, molto spesso gli utenti scoprono le strutture ricettive e prenotano i loro soggiorni proprio tramite le OTA (come booking.com).

Nonostante tutto,  si possono ottenere ottimi risultati attraverso il proprio sito web, purché venga creato seguendo determinate logiche.

Ed è proprio delle caratteristiche che dovrebbe avere un sito web per hotel che tratteremo in quest’articolo.

Realizzazione siti web hotel

Siti internet per hotel: quali caratteristiche devono avere?

Prima di illustrare i fattori chiave per la realizzazione di un sito internet per hotel, devo fare un’importante premessa che riguarda le fondamenta stesse del sito web.

Alla base di tutta la comunicazione, infatti, deve essere ben chiara l’identità della struttura ricettiva; la sua unicità. Tutta la comunicazione riguarderà proprio questo punto: cosa differenzia la struttura ricettiva dalle altre? Cosa la rende riconoscibile? 

Individuare questa caratteristica speciale (si, è sufficiente-anzi auspicabile- che ci sia una sola caratteristica precisa su cui far leva) è fondamentale per la realizzazione di un sito internet per hotel accattivante.

Se ci pensi, è proprio attraverso il sito web che si ha l’opportunità di raccontare la propria struttura ricettiva con entusiasmo e in maniera coinvolgente; e di emozionare gli utenti (attraverso foto, video e testi) facendo vivere loro una piccola anticipazione di ciò che li attende.

Le OTA, al contrario, appiattiscono gli hotel e li presentano in una maniera statica, facendoli sembrare tutti uguali. Allo stesso modo, spesso si vedono siti di alberghi che comunicano in maniera generica ad un pubblico altrettanto vago e indefinito, finendo per apparire anonimi; perdendo definitivamente l’occasione di mettere in luce le potenzialità dell’hotel.

In definitiva, il sito web può davvero essere un alleato formidabile purché venga sfruttato a dovere. Quando noi ci dedichiamo alla creazione di siti web per alberghi, dedichiamo del tempo all’analisi preliminare: capire l’essenza di quell’hotel, cosa offre (e a chi) è la base del futuro successo del sito web.

Scopri le caratteristiche dei nostri siti web

Fatta chiarezza sull’importanza di avere una forte brand identity, gli aspetti che rendono un sito web per hotel davvero efficace riguardano:

  • Il booking engine
  • I contenuti
  • La struttura del sito

Tutti e tre i punti hanno un obiettivo comune: dare agli utenti la possibilità di prenotare (e di farlo in maniera semplice, veloce e sicura). 

Analizziamo ora con più attenzione queste tre caratteristiche:

1- BOOKING ENGINE INTEGRATO

Il sito di un hotel, per vendere, non dev’essere un sito-vetrina che mostra soltanto com’è fatto l’hotel. 

I contenuti, come vedremo, non devono certo mancare ma per concretizzare la vendita online di una camera è indispensabile la presenza di un booking engine. Solo integrando un sistema di prenotazione online all’interno del sito web si possono ricevere le tanto sperate prenotazioni dirette.

Non tutti i booking engine sono uguali, e nella scelta consiglio sempre di orientarsi verso un sistema chiaro, che faciliti al massimo la prenotazione rendendola possibile nel minor numero di passaggi. In sintesi, dev’essere semplice ed intuitivo e portare rapidamente alla conclusione dell’acquisto.

Seguono poi altre caratteristiche importanti di un booking engine:

  • Ha protocolli di sicurezza certificati per garantire pagamenti sicuri.
  • È coerente con il design del sito dell’hotel: non deve risultare come un elemento esterno ma essere quanto più in linea col sito, per formare un tutt’uno visivo.
  • È responsive: prenotazione in pochi click anche da dispositivi mobili (smartphone e
    tablet).
  • È integrato con un Channel Manager, che ha il compito di sincronizzare prezzi,
    disponibilità e prenotazioni su tutti i portali di vendita e distribuzione online.
  • Ha un CRM che aiuta a mantenersi in contatto con i clienti, ad esempio inviando
    loro promozioni esclusive e ad analizzare i dati.

2-CONTENUTI SITO WEB PER HOTEL

Per contenuti intendiamo sia immagini (e video, o altri elementi visivi come mappe ecc.) che contenuti puramente testuali. In ogni caso, essi devono essere di qualità.

Le immagini, ad esempio, svolgono un ruolo di primaria importanza all’interno di un sito web: trasmettono alle persone l’esperienza di soggiorno che potrebbero vivere.
Le immagini persuadono più delle parole, per questo consigliamo sempre di investire in servizi fotografici professionali. 

I testi, pur avendo un impatto minore, sono importanti perché soddisfano il bisogno di approfondimento: in qualsiasi pagina del sito, i testi devono essere chiari e rispondere in maniera esaustiva alle possibili domande degli utenti. 

Se le immagini, quindi, servono a catturare l’attenzione delle persone e a farle sognare, sono poi i testi a rispondere ai loro dubbi e a rimuovere le loro esitazioni. 

Pensiamo all’importanza dei testi nelle seguenti sezioni di un sito web:

  • Condizioni di vendita

    È molto importante scrivere chiaramente tutte le informazioni che riguardando le modalità di pagamento, di cancellazione, di rimborso ecc. e di evidenziare le eventuali condizioni vantaggiose applicate. Ad esempio, se si dà la possibilità di cancellazione gratuita, bisogna farlo sapere, magari scrivendolo chiaramente in home page; proprio come fa booking.com!

  • Vantaggi prenotazione diretta & newsletter

    Per quale motivo un utente dovrebbe prenotare sul sito web della struttura ricettiva anziché usare altri canali?
    Nella nostra esperienza notiamo che la questione viene spesso presa sottogamba dagli albergatori. Ma occorre mettersi nei panni di un potenziale cliente per incoraggiarlo all’acquisto diretto, spiegandogli esplicitamente e chiaramente che benefici avrà prenotando sul sito web dell’hotel (es. colazione inclusa, cancellazione gratuita, omaggio in camera, ingresso alla Spa e così via).
    Distinguersi dalle Ota e spingere gli utenti verso la prenotazione diretta sul sito ufficiale dell’hotel, infatti, non significa soltanto mostrarsi più convenienti nel prezzo, ma comunicare chiaramente le proprie condizioni vantaggiose.
    Allo stesso modo, se ci interessa raccogliere le e-mail degli utenti, e lo facciamo attraverso un form per l’iscrizione alle newsletter, è importante dar loro un valido motivo per farlo.

  • FAQ

    La sezione Faq è importantissima. Permette, infatti, di rispondere in anticipo a tutte le domande degli utenti e di dare loro tutte le informazioni utili in maniera completa, chiara ed esaustiva. Questo significa rimuovere le esitazioni che separano le persone dalla prenotazione, ma si traduce anche in un risparmio tempo per la reception, spesso alle prese con domande e richieste ripetitive.

  • Descrizione camere e servizi

    Anche qui, i testi svolgono un ruolo decisivo. Le fotografie illustrano gli ambienti, ma sono poi necessarie delle descrizioni più dettagliate per fare capire al visitatore del sito che cosa sta per acquistare.

  • Promozioni

    Se sul sito web c’è una sezione destinata alle promozioni, è molto importante realizzare dei testi chiari, che spieghino in modo trasparente tutte le relative condizioni e tenere sempre aggiornata la pagina con le offerte in corso, eliminando quelle scadute.

  • Recensioni

    È bene infine predisporre all’interno del sito, magari in homepage, uno spazio per le recensioni, elemento di trasparenza e riferimento importante per chi si sta accingendo a fare un acquisto.

Ecco alcuni contenuti che è utile inserire in un sito web per hotel:

Camere

Con descrizioni accurate e photogallery

Servizi

L’elenco dei servizi che offre l' hotel

Prenotazioni

Collegamento al gestionale interno delle prenotazioni

Offerte

Fidelizzare gli ospiti con offerte personalizzate

Recensioni

Collegamento a Tripadvisor e Google

Contatti

Tutte le modalità di contatto dell' hotel

Chat

Per interagire in modo diretto e immediato con gli ospiti

Cosa vedere

Mostrare le attrazioni nelle vicinanze dell'hotel

3- STRUTTURA E CARATTERISTICHE DEL SITO WEB PER HOTEL

Ultima caratteristica, non certo per importanza, di un sito web efficace è la struttura stessa del sito, e i relativi accorgimenti che lo rendono facile da navigare. Vediamoli:

  • Semplicità: Il sito web di un hotel dev’essere facile da utilizzare, con un’ architettura semplice ed elementare; ad esempio sono sconsigliati menu di navigazione troppo complessi, che aprono ad infinite sottocategorie. Troppe icone, troppe opzioni, creano soltanto confusione e…la fuga dal sito.
    Quindi: pochi fronzoli, uno stile asciutto e chiaro con i contatti facili da trovare e i pulsanti per prenotare (“Prenota subito” o “Verifica le disponibilità” ) in evidenza e posizionati nei punti strategici del sito.
  • Velocità: Avere un sito web veloce significa, nel nostro caso, aumentare le chance di
    prenotazione; questo perché l’utente non abbandonerà spazientito il sito.
    Statisticamente, infatti, un sito che impiega più di 4 secondi a caricare, viene abbandonato da 1 visitatore su 3!
  • Mobile friendly: Come ogni altro sito web, anche un sito web per hotel dev’essere necessariamente mobile-friendly, cioè ottimizzato per i dispositivi mobili come smartphone e tablet, poiché questi strumenti sono oggi i più utilizzati dalle persone per le loro ricerche. Da sottolineare, inoltre, che dal 2016 Google valuta questo parametro come un fattore determinante per il posizionamento del sito sui motori di ricerca.
versione mobile sito web hotel

Conclusioni

Tutte le caratteristiche illustrate concorrono a garantire una buona user experience. Con questo termine ci riferiamo a un’esperienza di navigazione ideale: con contenuti utili, chiari e completi; un’architettura del sito semplice che rende facile la sua fruizione e che non ostacola in alcun modo la navigazione dell’utente che, anzi, va facilitato in tutti i modi a trovare le informazioni che sta cercando e a compiere delle azioni, come prenotare. Completa l’usabilità una grafica accattivante ed un uso sapiente delle immagini.

Bene, siamo giunti al termine di questa panoramica sulla creazione di siti web per hotel; spero di averti fatto capire come è possibile trasformare un sito web in un potente strumento di vendita. 

Come ultimissimo consiglio, ti ricordo l’importanza di monitorare il sito web attraverso Google Analytics per scoprire dati interessanti sulle visite al sito.

Analitycs, infatti, aiuta a scoprire chi sono e da dove provengono gli utenti; quale percorso hanno compiuto sul sito, quali pagine hanno visitato e quanto tempo si sono soffermati. Si potranno capire così i loro interessi; cosa gli attrae e cosa gli allontana dal sito ed altre dettagliate informazioni utili.

Abbiamo oltre 15 anni di esperienza nella realizzazione di siti web per Hotel. 
Visita la nostra pagina dedicata al “Mondo Hotel” per scoprire il nostro modo di lavorare ed il nostro portfolio.

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Inbound-marketing

inbound-marketing

Inbound-marketing significato

L’inbound-marketing, letteralmente marketing in entrata, è un’articolata strategia per attrarre, convertire e fidelizzare la propria nicchia di clienti attraverso un percorso strutturato che tiene conto dei loro bisogni, problemi, abitudini.

I concetti chiave alla base di questo approccio, e di cui terremo conto in questo articolo, sono:

  • Target clienti specifico
  • Osservazione, ricerca e metodo
  • Contenuti di valore

L’inbound marketing, innanzitutto, non si rivolge alla massa ma ad un preciso target di potenziali clienti che l’azienda ha precedentemente individuato, dedicando del tempo a studiarne esigenze, abitudini, linguaggio, comportamenti e segmentando questo target in sottocategorie per scavare ancor più in profondità.

A cosa serve tutto questo studio? Ad entrare in connessione col proprio pubblico e orientare la comunicazione verso quelli che sono i loro interessi e bisogni, rispondendo con contenuti utili e di qualità, che hanno un valore per quelle persone.

L’inbound-marketing, infatti, parte dall’assunto che le persone oggi sono stanche di essere bombardate da messaggi pubblicitari. Vogliono essere ascoltate e capite. Ecco perché questa strategia dà tanto peso ai contenuti.

Nel marketing inbound, l’azienda mira a diventare un punto di riferimento; una realtà autorevole che vale la pena ascoltare e che, in modo naturale e trasparente, riesce ad attrarre clienti instaurando un rapporto di fiducia.
Una visione moderna completamente diversa da quella più tradizionale dell’outbound marketing.

target audience

Inbound e outbound marketing

Che differenza c’è tra inbound e outbound marketing? Ebbene, si tratta di due strategie molto diverse tra loro, non solo per gli strumenti di cui si avvalgono ed il tipo messaggio che veicolano, ma soprattutto per l’approccio. È l’intera visione del rapporto azienda-cliente ad essere diversa.

L’outbound marketing cerca di raggiungere i clienti attraverso annunci pubblicitari invasivi, come: spot tv e radio; telemarketing; pop-up; annunci; pubblicità su YouTube; volantini pubblicitari e cartellonistica.

Ma non è tanto il canale a distinguere l’outbound marketing dall’inbound marketing ma il modo in cui questi canali vengono usati.

Le attività outbound irrompono nella vita delle persone, tentando forzatamente di ottenere la loro attenzione, incuranti dei loro bisogni o esigenze.
È un tipo di marketing, inoltre, che si rivolge indistintamente alla massa, non ad un pubblico ben delineato e tutto questo fa oggi dell’outbound marketing una strategia superata, che stride con le nuove abitudini dei consumatori. Oggi, infatti, le persone sono:

  • Consapevoli: si rendono conto di come funziona la pubblicità e dei meccanismi su cui fa leva.
  • Autonome: con l’avvento di internet, le persone hanno imparato a cercare autonomamente le risposte ai loro bisogni. Non subiscono più passivamente, ma sanno perfettamente come e dove cercare.
  • Desiderano esperienze personalizzate. Grazie alla consapevolezza acquisita, le persone oggi non vogliono più sentirsi un numero e non gradiscono messaggi generalizzati, anzi premiano le aziende che dimostrano di conoscere davvero i loro problemi e che parlano loro con trasparenza e coinvolgimento.

Insomma, le persone sono sature di messaggi commerciali che interrompono fastidiosamente le loro attività senza chiedere il permesso. Al contrario, vogliono essere padroni del loro tempo, ascoltare solamente chi ha qualcosa di interessante da dirgli. Non sanno che farsene di messaggi urlati alla tv o da telefonate ed e-mail invadenti inviate senza il loro consenso (tant’è che sono nati i filtri antispam o i vari servizi per bloccare le telefonate indesiderate).

L’outbound marketing, salvo alcune eccezioni, oggi presenta quindi gravi lacune che finiscono per produrre l’effetto contrario di quello desiderato, allontanando cioè potenziali clienti. 
Altra pecca di questa strategia è la difficoltà a tracciare i risultati e misurare il ROI.

outbound marketing

L’inbound marketing, come abbiamo già anticipato, si fonda invece sulla conoscenza del target e struttura una comunicazione mirata e circoscritta offrendo valore, cioè qualcosa che interessa davvero quel pubblico. Ne consegue un traffico qualificato, con lead di alta qualità, che sono quelli che hanno più probabilità di acquistare proprio perché interessati.

Riassumendo: l’outbound marketing non chiede il permesso, fa irruzione nella vita delle persone, senza presentarsi o domandarsi cosa desidera realmente il pubblico. È il caso delle aziende che parlano di sé e dei loro prodotti/servizi sperando così di attirare l’attenzione.
Nella strategia inbound, al contrario, l’azienda prima ascolta e poi parla al potenziale cliente e, poiché lo conosce molto bene, gli dice cose che lo interessano davvero.

inbound e outbound marketing

Rapporto tra inbound-marketing e content marketing

Ma, come funziona l’inbound marketing? Cosa deve fare nel concreto un’azienda per porsi con autorevolezza alla propria target audience e far sì che questa, spontaneamente, come naturale conseguenza, entri in contatto e in sintonia con essa?

Attraverso, innanzitutto, contenuti ad hoc come articoli di blog, video, podcast e infografiche (in una parola sola: content marketing) che rispondono alle loro domande o problematiche. Contenuti educativi, coinvolgenti, utili, informativi che, con trasparenza e senza inutili giri di parole, aiutano il potenziale cliente a risolvere un problema.

Un esempio di fantasia:

L’azienda X produce farine per celiaci. Il suo pubblico ha un problema: riuscire a ottenere preparazioni culinarie, come torte e pizze, con le farine gluten free.

Caliamoci nei panni di una persona che ha scoperto da poco di essere affetta da questa patologia e che si ritrova a dover riorganizzare il suo stile di vita alimentare. Ora, con le farine prive di glutine, le ricette che prima seguiva non danno gli stessi risultati. Questo causa anche uno spreco di ingredienti e di tempo. Quello che gli servirebbe è una guida che gli insegni ad utilizzare al meglio queste farine particolari e diverse.

Se l’azienda X, empaticamente comprende il problema, potrebbe creare una guida che sarà un vero e proprio faro nella vita del suo potenziale cliente, il quale molto probabilmente sceglierà questa azienda in mezzo a tante altre proprio per il valore offerto, per aver parlato a lei, al suo problema cercando di risolverlo non solo attraverso un prodotto (le farine) ma con quel “qualcosa in più” inatteso che però fa tutta la differenza, influenzando il processo di acquisto ma anche la percezione del brand e il senso di fiducia verso di esso.

Che questa guida sia cartacea o venga prodotta sotto forma di pdf da scaricare, come articolo sul blog aziendale, come serie di consigli inviati tramite newsletter, come video, webinar, podcast non ha importanza (se non quella di individuare il canale più utilizzato da quel target).

Non è lo strumento a distinguere l’outbound marketing dall’inbound marketing ma l’utilizzo che se ne fa.

Creo un video per parlare di me, della mia azienda, dei miei prodotti? Allora sto mettendo in campo una strategia di tipo outbound. Uso, invece, il video come strumento per rispondere alle domande e ai problemi del mio potenziale cliente, senza urlare quello che faccio e che vendo? Allora questo è inbound marketing.

Un tipo di approccio, quest’ultimo, che si muove con più cautela e che non ha fretta di andare subito al punto, ma che si prende del tempo per intercettare e comprendere i problemi degli utenti, proponendo delle possibili soluzioni con dei contenuti utili e gratuiti. Solamente in un secondo momento, e sempre con le dovute accortezze, propone il prodotto/servizio. E non è finita qui perché, conclusa la vendita, ci si prende ancora cura del cliente acquisito per fidelizzarlo nel tempo. Insomma, si segue esattamente il percorso suggerito dal funnel marketing.

inbound marketing funnel

Strategia inbound marketing e strumenti

Nonostante non sono gli strumenti di comunicazione a fare la differenza tra i due approcci, vorrei ugualmente sintetizzare quelli che solitamente vengono utilizzati nella strategia inbound marketing, ognuno con varie sfaccettature di utilizzo a seconda della fase del funnel in cui viene usato.

Facciamo prima un passo indietro, ricollegandoci proprio a questo concetto.

L’inbound marketing funnel prevede che un utente sconosciuto compia un percorso preciso (fatto ad imbuto) prima di acquistare.

Le persone, infatti, difficilmente acquistano subito dopo essere atterrati su un e-commerce o dopo aver visto un annuncio. Hanno bisogno di più tempo; ecco perché, come dicevo qualche riga fa, l’inbound marketing è un approccio più lento, più calcolato e ragionato.

L’inbound-marketing segue l’utente in tutte le azioni e micro-azioni che lo conducono all’acquisto ed oltre (fidelizzazione) e che sono: attrarre-convertire-chiudere-deliziare.

Ognuno di questi step si avvale di alcuni strumenti, in gran parte digitali. Scopriamoli, finalmente:

1)Attrarre

 In questa prima fase si cerca di portare utenti sconosciuti (ma profilati!) ad entrare in contatto con la propria azienda. Gli strumenti qui coinvolti sono:

  • Sito web: per far conoscere l’azienda e i suoi prodotti/servizi. Il sito web è un importante biglietto da visita (e non solo); per questo è importante sia piacevole e veloce da navigare, e che abbia altre caratteristiche che ne fanno un alleato vincente nella vendita.
  • Blog: il blog aziendale è un’ottima soluzione per proporre contenuti utili e consigli sotto forma di articoli.
  • Social media: attraverso i post si può coinvolgere, ispirare l’utente e stimolarlo ad entrare a fare parte della communityIn questo caso ci riferiamo ai post organici, che le persone decidono di seguire spontaneamente, e non degli annunci che, specie se non pertinenti ai loro gusti e interessi, interrompono fastidiosamente le loro attività sui social.
  • SEO: attrarre significa anche sapere quali parole chiave gli utenti usano online per cercare prodotti e servizi come quelli che l’azienda propone. Tramite la SEO o annunci Google Ads pertinenti si fa in modo di farsi trovare facilmente online.

2)Convertire

Convertire significa, in questo caso, trasformare i visitatori che abbiamo appena attratto, in contatti (lead). Qui entrano in campo:

  • Content marketing.  Tutti quei contenuti utili e gratuiti come guide, podcast, webinar, tutorial (lead magnet) che si possono mettere a disposizione degli utenti in cambio dei loro contatti, per costruire una lista di utenti interessati al brand e per tenersi in relazione con loro. Attenzione: il contenuto non dev’essere solamente gratuito ma anche e soprattutto di qualità.
  • Landing page.  Anche questo strumento è utile per ottenere i dati del potenziale cliente, tramite la compilazione di un form di contatto. In questo caso potrebbe lasciare la sua e-mail per iscriversi alla newsletter o per ottenere una demo, un codice sconto o altro ancora, a seconda dell’azienda e dei suoi servizi.

3)Chiudere

Nella fase di “chiusura”, cioè di trasformazione dei lead in clienti, si fa uso soprattutto del flusso di e-mail, inviate in modo automatizzato e che servono a mantenere l’utente costantemente aggiornato. Si deve far in modo che egli non perda l’interesse, continuando a inviargli materiale come consigli, ma anche qualche offerta o incentivo personalizzati che lo spingano all’acquisto.

4)Deliziare

Ultimo step: deliziare. Come anticipato, il funnel non termina con la vendita ma ha come obiettivo ultimo la fidelizzazione e magari anche a far sì che questi clienti ripetitivi diventino dei sostenitori del brand, consigliandolo ad amici e conoscenti.

E come si fa a deliziare? Anche qui col l’invio di newsletter e offerte personalizzate in base ai loro gusti e abitudini (segmentazione del pubblico); sconti per il compleanno o altre occasioni speciali, attività sui social media, nonché offrire un eccellente servizio clienti e inviando sondaggi e questionari di gradimento per ottimizzare le proprie attività.

marketing inbound

Due importanti osservazioni:

-Ogni strumento digitale può essere misurato, monitorando alcuni KPI (indicatori chiave di prestazione). Grazie a queste preziose informazioni si può aggiustare e migliorare la strategia inbound in ogni momento.

-La richiesta del consenso. Come abbiamo detto, l’inbound marketing non è “invadente” ma si fonda sulla libertà e il rispetto dell’utente. Perciò bisogna chiedere sempre il suo consenso quando si iscrive alle newsletter, compila un form o scarica materiale e dare la possibilità in ogni momento di disiscriversi dalla lista di contatti.

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Vantaggi dell’inbound-marketing

Quali sono i vantaggi di una strategia di inbound marketing? Innanzitutto, aiuta ad aumentare il traffico al sito, la lead generation, le vendite e la fiducia del cliente nei confronti del brand. Cos’altro?

  • È misurabile, anche in tempo reale. C’è un’enormità di dati che si possono ricavare da ogni canale impiegato nella strategia: dalle visite al sito, il tempo di permanenza, i lead acquisiti, il numero follower, ma anche il valore medio dell’ordine ecc.
    Grazie a software specifici e CRM si possono raccogliere dati sulle attività di marketing svolte, stilando report dettagliati.
  • Miglior rapporto costi-benefici. L’inbound-marketing gode di un alto ROI (Return On Investment) che permette di misurare il rendimento economico delle azioni di marketing messe in campo. Proprio grazie al meticoloso percorso predisposto per indirizzare gli utenti all’acquisto (e alla selezione della propria nicchia di potenziali clienti) gli effetti saranno più tangibili rispetto a un’azione di outbound marketing (es. spot tv) dove non c’è possibilità di capire quanti e quali clienti essa generi.
  • Strategia solida e a lungo termine, perché si fonda sulla target audience e sottogruppi specifici di clienti, con una diversificazione del messaggio e dei canali all’interno del funnel di vendita. Anche la divisione del budget è studiata ad hoc.

 

agenzia inbound marketing

Costi

È molto difficile definire quale strategia sia economicamente più vantaggiosa perché dipende da tante variabili e anche perché, come abbiamo detto, l’outbound marketing fornisce pochi dati circa l’esito delle sue campagne. Quindi, quello che certamente possiamo affermare è che l’inbound marketing è più facile da monitorare in termini di risultati e di controllo della spesa.

Marketing inbound: conclusioni

È vero, l’inbound marketing si rivolge ad un pubblico molto più ridotto rispetto a quello generalista dell’outbound marketing ed è un approccio molto più articolato e globale, che prevede l’analisi di diversi parametri come le buyer persona, i funnel di conversione, il percorso di acquisizione dei lead, le interazioni sui social, le domande e le ricerche che gli utenti fanno online ed altri ancora.

Ma, a fronte tutto questo lavoro, si ottiene una panoramica molto ampia che consente di muoversi agevolmente e con più sicurezza anche grazie ai risultati misurabili, ma soprattutto di ottenere buoni risultati anche in termini di fidelizzazione. E lo sappiamo, è più vantaggioso avere clienti ripetitivi rispetto alla continua ricerca di nuovi. Inoltre, una volta impostata la strategia, seguono degli automatismi replicabili nel tempo.

Per cogliere la portata dell’inbound-marketing è necessario abbandonare vecchi schemi e concezioni. L’inbound marketing non è certo una novità assoluta ma capita ancor oggi che molte aziende fraintendono e, pur utilizzando i più moderni canali digitali, mantengono la mentalità tipica dell’outbound marketing.  Lo voglio ripetere per un’ultima volta: non è il canale che fa la differenza; non basta essere presenti su Instagram, ad esempio, e utilizzare questo strumento come fosse una televisione dove sparare senza criterio la propria pubblicità.

La vendita dura, a freddo, non funziona più da tempo ormai. Per un marketing efficace è necessario conoscere ed esplorare nuovi strumenti ma soprattutto prendersi del tempo per ragionare. Tutto questo richiede senz’altro tempo ma se le cose vengono pianificate per bene seguiranno risultati duraturi, premiati dalla fedeltà dei propri clienti nel tempo.

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Restyling logo

restyling logo

Restyling logo, cos’è

Il restyling di un logo consiste in una “rinfrescata” al logotipo aziendale e, di conseguenza, all’intera visual identity.
Il restyling del logo permette di dare nuova visibilità all’azienda, specialmente nei casi in cui il logo non sia più competitivo o risulti obsoleto, non il linea con i tempi e con le nuove esigenze di mercato.
Rinnovare il look di un brand aiuta quindi a riposizionare un marchio e ottimizzare la percezione che gli utenti hanno di esso.

Modalità di restyling

L’immagine aziendale può subire una trasformazione drastica e rivoluzionaria, con cambiamenti radicali che avranno un forte impatto nel consumatore, oppure può avvenire in maniera più conservativa, blanda e graduale, quasi impercettibile agli occhi dei non addetti ai lavori.

Il primo caso viene adottato quando si desidera comunicare a gran voce il cambiamento; magari perché ci sono novità importanti all’interno dell’azienda e si vuole trasmettere questa trasformazione e i nuovi valori che l’accompagnano; oppure perché il logo precedente risultava poco incisivo e andava sostanzialmente rifatto.

Nel secondo caso, invece, ci si limita ad adeguare il logo alle nuove tendenze e sono necessari pochi ritocchi grafici per renderlo più fresco e attuale.
Del resto, il mondo è in continuo cambiamento e muta anche ad un ritmo serrato, pertanto è davvero difficile che un logo, presto o tardi, non subisca delle modifiche. Per questa ragione, le aziende sono chiamate a rispondere a queste evoluzioni con elasticità, per allinearsi con i gusti dei consumatori e rimanere competitive nel tempo.

restyling google

Google ha modificato il logo negli anni, di volta in volta in maniera impercettibile.

Differenza tra restyling e rebranding

Breve ma importante precisazione: restyling e rebranding non sono sinonimi. L’attività di rebranding, infatti, va oltre la grafica ed è un percorso più complesso che l’azienda intraprende per ridefinire la percezione dei propri prodotti o servizi.
 In questo caso non si mettono all’opera solamente i grafici ma sono coinvolte più figure professionali che studiano la nuova strategia di marketing e di riposizionamento. In questo processo c’è sì il restyling del logo, ma seguono molti altri interventi.

Alcuni dei casi presentati in questo articolo hanno una storia che non si limita al restyling del logo aziendale, ma che hanno subito un vero e proprio rebranding. In ogni caso, qui ci limiteremo a prendere in considerazione solo l’aspetto visivo e quindi le varie evoluzioni dei loghi.

Il tuo logo ha bisogno di un restyling?

Perché fare un restyling del logo

Come abbiamo anticipato, possono esserci diversi motivi alla base della decisione di modificare il logotipo aziendale. Potrebbe essere necessario un restyling del marchio a seguito di un mutamento dei servizi/prodotti offerti; potrebbe essere variato il target di riferimento; si vuole mostrare un’evoluzione tecnologica o legata alla sostenibilità o semplicemente c’è bisogno di rilanciare l’immagine aziendale.

Analizziamo con degli esempi i 4 motivi più comuni alla base del restyling logo:

1. L’immagine dell’azienda è fuori moda 

Questo è il caso più comune di restyling del logo. L’azienda ha bisogno di modernizzarsi e adattarsi alle nuove modalità comunicative. Per seguire le tendenze e rimanere sempre contemporanei, è necessario rinnovare ciclicamente il proprio marchio. Non si tratta di rivoluzionare il logo, a volte bastano piccoli ritocchi per dare una ventata di freschezza.

In seguito al boom del settore elettrico e della digitalizzazione delle auto, ad esempio, le case automobilistiche hanno compreso che i loro loghi non erano più in linea con le nuove tendenze del mercato.
Ci sono numerosi esempi recenti che vedono il passaggio dal classico logo tridimensionale con effetto cromato ad un flat design con il logo più minimal e grafico.

 

loghi automobili

Dal logo tridimensionale ad un design o più moderno e minimal.

2. Il brand ha una cattiva reputazione

Capita anche alle migliori aziende di commettere un passo falso nella strategia di marketing, finendo col ritrovarsi immischiate in brutte faccende e subire la cosiddetta bad reputation
Un restyling del logotipo è d’obbligo, anche se in questi casi è necessario un intervento di rebranding e quindi un cambiamento più sostanziale. Un noto caso di questo tipo è quello della Philip Morris, una delle aziende più importanti nell’industria del tabacco. 

Quando l’azienda decise di espandere il proprio mercato in altri settori, come quello vinicolo, capì di non godere di una buona reputazione a causa dell’associazione alle sigarette. Per scrollarsi di dosso quell’immagine, non si limitò ad un restyling ma creò addirittura un nuovo marchio: l’ Altria Group.

3. In seguito a fusioni, scissioni o acquisizioni 

Questi sono altri casi comuni per cui viene effettuato un restyling del logo. Nel caso della fusione tra due aziende, il più delle volte la scelta cade sul mantenere parte dell’immagine di entrambe le aziende. Mentre nel caso di acquisizioni si dà priorità all’immagine dell’azienda che ha acquistato. 

Il logo di WINDTRE, azienda nata dalla fusione delle compagnie telefoniche Wind e Tre, vede la perfetta combinazione delle due immagini preesistenti, conservando il segno distintivo di entrambe le compagnie e uniformando il tutto con il medesimo stile grafico. Inoltre si è mantenuto il colore arancio come elemento di continuità.

Un’altro esempio storico è quello di Boeing che nel 1996 acquistò la McDonnel Douglas, azienda orientata al mondo spaziale, cercando di acquisire il loro know how e la loro tecnologia per portarle sugli aerei di linea. In questo caso, il simbolo della McDonnel Douglas venne mantenuto e unito alla scritta Boeing.

4. L’azienda si vuole riposizionare sul mercato

Ci sono poi dei casi in cui l’azienda non vuole semplicemente cambiare la propria visual identity ma vuole cambiare approccio aziendale, o aprirsi a nuovi mercati o verso nuovi Paesi. In questi casi, per fare il restyling bisogna rimuovere eventuali elementi o richiami che confinano l’azienda all’interno di un determinato settore.

Un recente caso di questo tipo riguarda Meta, l’azienda che racchiude al suo interno un ecosistema di marchi e prodotti nati, acquisiti o finanziati da Mark Zuckerberg sotto il nome di Facebook.
L’esigenza era quella di mettere a capo di questi prodotti un logo che li racchiudesse in uno unico. Il simbolo dell’infinito rappresenta orizzonti futuri e nuove possibilità. Unico filo conduttore col logo precedente, il colore blu.

Mentre Barilla, per il suo 145° anniversario, ha deciso di cambiare logo e packaging in maniera abbastanza radicale per evidenziare la nuova strada intrapresa verso la sostenibilità. 

L’azienda, infatti, ha messo in campo alcune importanti iniziative come la rimozione della finestrella in plastica dalle confezioni della gamma Barilla Classica, per ridurre l’uso di questo materiale; e le nuove confezioni sono prodotte con cartone proveniente da foreste gestite responsabilmente, completamente riciclabili. 

Questi cambiamenti all’interno dell’azienda si sono rispecchiati anche in una nuova visual identity: è sparito il colore blu dal logo, ora sostituito da un rosso intenso che diventa il colore dell’intero packaging. Anche il font è diventato più solido ed è accompagnato dalla data di fondazione per sottolineare la storicità del brand.

nuovo logo barilla

Nuovo logo e nuovo packaging Barilla

Restyling logo: come si fa

Il logo è l’elemento grafico più importante dell’intera identità visuale di un’azienda, che si riflette su tutta limmagine coordinata.

Quando, per uno dei vari motivi che abbiamo visto, si decide di ridisegnare o ritoccare il logotipo, la prima cosa da fare è ricercare i punti deboli del marchio, per poterlo poi cambiare in modo coerente con quella che dovrà essere la nuova visione aziendale.

Ridefinire il design di un’azienda può avere molti vantaggi ma bisogna prendere in considerazione diversi fattori nella fase di analisi; come il mercato in questione.
Esistono, infatti, settori che si basano su concetti di tradizione e stabilità, pertanto non potranno essere trattati come quelli in cui dominano concetti di cambiamento, innovazione e flessibilità.
Una banca, per fare un esempio, deve saper trasmettere sicurezza, anche attraverso la scelta del colore e del font, e non può rischiare di rivoluzionare la propria immagine compromettendo questo concetto di stabilità. Ci vorrà quindi molta cautela.

Esistono invece altri settori, come quello dei media, rivolti al mondo dei giovani, che devono mutare spesso la propria immagine, mantenerla sempre viva, al passo con i tempi.
Quindi è fondamentale conoscere il mercato di riferimento, le sue necessità e il suo target, per creare un restyling giusto.

L’operazione non è sempre semplice: ci sono casi in cui il restyling del logo non ha avuto molto successo, probabilmente perché non si è dedicata la giusta cura alla fase di analisi. È il caso di Kraft e quello di Mastercard che si sono viste costrette a tornare al loro logo originale in breve tempo.

L’azienda e i designer dovrebbero tener conto anche del legame emotivo che i clienti hanno con il vecchio marchio per stabilire quanto è possibile sbilanciarsi con la trasformazione.


Esempi di restyling della nostra Agenzia

Desidero chiudere questo articolo con alcune immagini dei restyling loghi di cui si è occupata la nostra agenzia. 

loghi prima e dopo

Il tuo logo ha bisogno di un restyling?

Lead magnet

lead magnet

Lead magnet cosa significa

Con il termine inglese lead, nel mondo del marketing, ci riferisce ad un potenziale cliente. Mentre magnet significa calamita. 

Nel concreto, un lead magnet è un contenuto gratuito che viene offerto al potenziale cliente in cambio dei suoi dati, principalmente l’indirizzo e-mail.

Ti stai forse chiedendo perché un’azienda dovrebbe raccogliere gli indirizzi di posta elettronica di questi possibili clienti (nel gergo tecnico, fare lead generation)?

Beh, se hai un’azienda o sei un professionista che vende servizi e ti stai facendo questa domanda, ti consiglio di leggere il nostro articolo dedicato all’e-mail marketing.

Se vogliamo però concentrare la risposta qui in poche righe, possiamo dire che acquisire i contatti di potenziali clienti serve a:

-far conoscere l’azienda, i suoi prodotti e servizi;
-comunicare ed imprimersi nella loro mente;
-mostrarsi competenti in materia e quindi credibili e degni di fiducia;
-riservare offerte speciali per aumentare la fidelizzazione. 

Insomma, non cose da poco per un brand!

Cosa c’è di magnetico?

Abbiamo appena visto l’importanza per un brand di acquisire nuovi contatti ed accrescere la propria mailing list. 

Ora vediamo come si fa nella pratica, concentrandoci sulla cosa più importante di un lead magnet: il suo magnetismo, la sua capacità attrattiva.
Ci vuole una calamita potente per attirare nuovi contatti.

Un semplice sconto in cambio dell’indirizzo e-mail non è la strada migliore da percorrere. Lo so, sembra la più facile e rapida ma ti assicuro che non è quella più giusta.

Come abbiamo ribadito più volte, ad esempio nell’articolo di brand strategy o in quello sul tone of voice, ogni brand ha un suo pubblico specifico che deve conoscere a menadito. 
Se l’azienda ha chiaro chi è il suo destinatario saprà anche a cosa è interessato, che bisogni ha e quindi cosa gradirebbe come omaggio. 

È come quando si tratta di fare un regalo ad un amico stretto che conosciamo dall’infanzia: non è la stessa cosa che doverlo fare ad un nuovo amico, poco più che conoscente. Nel primo caso andremmo a colpo sicuro, certi di soddisfare i suoi gusti, mentre nel secondo caso rischieremmo di sbagliare regalo.

Persone diverse, gusti e bisogni diversi.

Nel nostro caso, se l’azienda non confeziona un buon magnete (omaggio) non riceverà in cambio il tanto agognato indirizzo email.

Ad esempio, un e-commerce che vende scarpe in pelle potrebbe invitare a scaricare una guida pdf con suggerimenti utili per la pulizia e la manutenzione di questo delicato materiale.

Quindi, fondamentale che il magnete sia di qualità per il nostro pubblico. Più siamo specifici e  confezioniamo l’omaggio ad hoc pensando alla nostra target audience e più avremo la possibilità non solo di ricevere tanti nuovi contatti, ma contatti “buoni”, cioè di persone realmente interessate, più vicine al brand.

Questa scrematura è parte del processo di lead generation. Non si punta mai ad un pubblico generico e massivo ma alla propria sfera, solamente al pubblico interessato. Il resto è perdita di tempo ed energie.

Riassumendo, un buon lead magnet è:

  • Specifico
  • Di valore
  • Gratuito
calamita

Dove inserire il lead magnet?

Se parliamo di marketing online, la risposta più ovvia è: sul sito web, magari attivando una finestra  pop-up, oppure creando una pagina web specifica per l’acquisizione di contatti, chiamata in gergo tecnico squeeze page.

La squeeze page è una speciale landing page (pagina di atterraggio) creata apposta per invitare l’utente a scaricare il contenuto omaggio. È il “luogo” dove avviene lo scambio omaggio-contatto.

Le squeeze page solitamente vengono promosse attraverso campagne pubblicitarie sui social. Entrambi gli strumenti (pagina e relative campagne) vanno costruite mettendo in luce il chiaro vantaggio per l’utente.

Modulo acquisizione contatti di una nostra squeeze page e relativa campagna pubblicitaria su Facebook. 

Hai bisogno di acquisire nuovi contatti per la tua attività?

Consigli per un buon lead magnet

Veniamo ora a qualche consiglio in pillole per creare un lead magnet di successo:

Offri qualcosa che i tuoi competitor non offrono. Cura bene la tua offerta, dev’essere percepita come rara, utile e introvabile altrove (proprio come dovrebbe figurarsi il tuo brand nella mente del tuo target).

Fai una promessa…e mantienila: conosci il tuo target, i suoi bisogni o problemi. Quindi scegli un suo problema-tipo e, attraverso il lead magnet, aiutalo a risolverlo. Ma solo in parte: non vorrai regalargli tutto vero?
Ricorda, infatti, che il magnete è un “assaggio”; serve ad attirare l’utente verso il tuo brand ma la fase successiva dev’essere l’acquisto.

-Curare la grafica: l’occhio vuole la sua parte. Sì a grafiche accattivanti e in linea con la brand identity. 

Esempi di calamite

I lead magnet più utilizzati sono:

  • Corso, video corso, webinar: ideali per chi offre servizi, possono essere spediti a puntate o in un unica soluzione e, nel caso dei webinar, seguiti in diretta.
  • Check list precompilata es. “La lista delle cose da mettere in valigia”; un’idea per un hotel o un’agenzia di viaggi.
  • Demo gratuita,  ideale per prodotti come software o app.
  • E-book versione pdf scaricabile o estratto di un libro più lungo.
  • Gadget o campioni gratis per chi vende prodotti
  • Coupon sconto o spedizione gratuita per gli e-commerce
  • Catalogo prodotti
  • Guide, itinerari o mappe gpx
  • Test o quiz
  • Template
  • Catalogo prodotti
  • Guide, itinerari o mappe gpx

Lead magnet e Gdpr

Una volta acquisiti i lead, bisogna ottenere il loro consenso per proseguire con le comunicazioni. Per non incorrere in sanzioni da parte del Garante della privacy per un utilizzo inopportuno delle liste di contatti, è bene ricordarsi di applicare alcune regole.

Quando si invita l’utente a scaricare l’omaggio, si deve inserire un campo dedicato al consenso al trattamento dei dati. 

Questa casella non può essere preflaggata e se l’utente non clicca sulla casellina il download del lead magnet non si avvia.

L’utente può quindi decidere se dare o meno il consenso, ma senza di esso non potrà accedere alla risorsa gratuita.

Il GDPR prevede che il consenso al marketing, per essere valido deve essere:

  • Specifico: serve un consenso specifico per ogni finalità per cui e dati personali vengono trattati.
  • Libero, ovvero non condizionato.
  • Revocabile in ogni momento. Deve essere sempre presente la pagina di disiscrizione ogni volta che si invia una comunicazione.
La materia del trattamento dati è in continuo aggiornamento, ma è importante essere sempre ben informati prima di iniziare una campagna di lead generation ed assicurarsi di rispondere a tutti i requisiti necessari. 

Vuoi creare una campagna di lead generation?

User-experience

user-experience

Cos’è la User experience

User-experience significa, letteralmente, esperienza dell’utente. Chiamata anche con l’acronimo UX, si riferisce al modo in cui le persone interagiscono con un sito web. In poche parole, se vi navigano facilmente e con piacere, trovando risposte alle loro domande/bisogni o se, al contrario, non rimangono piacevolmente colpite.

User-experience: l’utente al centro

Come suggerisce la parola “user-experience”, l’utente ha un’importanza centrale nel successo di un sito web; è l’elemento cardine attorno al quale ruota tutto il web marketing. Dalla sua soddisfazione traggono vantaggio, oltre l’utente stesso, anche:

  • Il proprietario del sito. Quando l’utente atterra sul sito web avviene un primo contatto con l’azienda e con i suoi servizi/prodotti. Se l’esperienza di navigazione è positiva, cresce la possibilità per l’azienda di acquisire un nuovo cliente.
  •  Google. Il grande motore di ricerca regge tutta la sua attività proprio sul rapporto tra domanda e risposta che avviene online, facendo incontrare i bisogni delle persone alle risposte che forniscono i siti web. Se l’utente, attraverso Google, trova esattamente quello che stava cercando e senza difficoltà, continuerà ad usare con soddisfazione Google.

È facile dedurre che se l’utente non naviga volentieri su un sito web, ci saranno ripercussioni negative per il sito stesso e anche per Google.
Ecco perché tutto gira attorno all’esperienza e alla soddisfazione dell’utente.

Come ora vedremo, sono molti i fattori che incidono sulla user-experience e comprendono sia aspetti tecnici e strutturali, sia estetici ed emozionali.

Elementi della user-experience

I fattori responsabili di una buona user-experience sono stati descritti da Peter Morville (pioniere nel campo dell’architettura dell’informazione e dell’esperienza utente) che li ha rappresentati in un grafico a forma di favo (UX honeycomb). Scopriamoli:

  1. Useful: prima di tutto, i contenuti di un sito devono essere “utili” per l’utente e rispondere a un suo bisogno.
  2. Usable: facilità di utilizzo e navigazione senza intoppi, da qualsiasi dispositivo. Fondamentale quindi curare il responsive web design.
  3. Desirable: design e grafiche emozionali: il sito non dev’essere soltanto semplice ma anche gradevole alla vista.
  4. Findable: i contenuti devono essere trovabili quando l’utente svolge una ricerca in rete, allineati quindi con la SEO.
  5. Accessible: i contenuti devono essere fruibili anche dalle persone con disabilità.
  6. Credible: il sito web deve ispirare un senso di fiducia e credibilità negli utenti.
  7. Valuable: nell’insieme tutti questi aspetti devono fornire valore e un’esperienza memorabile.
ux honeycomb

Cos’è la User Interface

Il concetto di user interface (UI) o interfaccia utente si sovrappone spesso a quello di user-experience, quasi fossero sinonimi ma non è così.

L’interfaccia utente, infatti, riguarda il layout grafico di un sito web, ovvero tutto quello che riguarda il design e l’aspetto visivo. Ovviamente, una pagina web attraente e stimolante ha il suo peso nell’esperienza utente perché, soprattutto sul web, la prima impressione è la più importante.
Quindi, potremmo dire che l’UI incide sull’UX ma non sono la stessa cosa.

Una buona UI non punta solamente ad effetti estetici (“Che bel sito”) ma anche a mettere in risalto gli elementi più importanti per il fruitore del sito, accompagnandolo e facilitandolo nella navigazione. Per far questo, chi progetta siti web deve prestare attenzione a:

  • Utilizzare font e colori adatti e gradevoli
  • Favorire la leggibilità delle pagine web disponendo testi, immagini e video con un preciso criterio. Il testo, ad esempio, deve essere facile da leggere, quindi organizzato in paragrafi, con le frasi più importanti evidenziate in grassetto e le liste inserite a punti elenco.
  • Disporre nei punti giusti del sito gli elementi con cui l’utente interagisce: pulsanti, campi di inserimento testo (es.form).
  • Tener conto dello scopo del sito e dell’azienda: ogni elemento visivo deve rimanere coerente alla sua brand identity.

Consiglio anche la lettura di questo articolo che riporta alcune interessanti statistiche  sull’esperienza utente.

Tratto dall'articolo di sweor.com

Perché UX e UI sono importanti

Per capire l’importanza della user-experience e della user-interface, partiamo da quello che è lo scopo di un sito web per un’azienda: far conoscere il proprio prodotto o servizio a potenziali clienti.
Per raggiungere questo obiettivo, il sito deve distinguersi da quelli dei suoi competitor e mirare a diventare il più rilevante e autorevole per quell’argomento/nicchia di persone. Essendo il web molto affollato (in certi settori persino saturo), lo sforzo di un sito web è quello di emergere fra tutti gli altri.

Come abbiamo visto, quello che un utente desidera è trovare rapidamente e senza sforzo la soluzione al suo bisogno o problema su un sito veloce e facile da navigare. Senza complicazioni e senza perdere tempo.

UX e UI lavorano in questa direzione e non è tutto: hanno effetti anche sulla SEO poiché la UX è entrata a far parte dei fattori di ranking di Google.
Oggi, curare la user experience è indispensabile per finire in cima alla lista dei risultati della SERP, laddove si soffermano gli utenti.

Concludendo, possiamo dire che un buon sito web (ovvero utile, che converte) tiene conto sia dei contenuti, che costituiscono le risposte alle ricerche degli utenti, sia del design e dell’accessibilità. 
Queste sono le due facce della stessa medaglia, che insieme influiscono sulla user experience e sulla SEO, rendendo possibile ricevere maggiori interazioni e conversioni.

Migliora la user-experience del tuo sito web

Brand naming

brand naming

Brand naming significato

Il brand naming (dall’inglese denominazione del marchio) è, appunto, lo studio e l’attribuzione del nome ad un brand.
Quando un’attività emergente si trova a decidere come dovrà chiamarsi, deve assicurarsi di trovare un nome che calzi a pennello e che racchiuda l’essenza del brand.

Il brand naming non è solo una questione di creatività; non significa banalmente trovare un nome “figo” ma richiede ricerca e conoscenze in differenti campi, dalla linguistica al diritto. Una questione da non sottovalutare e che, come vedremo, presenta tante sfaccettature.

Brand naming, perché è importante

Il brand naming fa parte della brand identity di un’azienda ed è una delle primissime cose, assieme al logo, con cui il pubblico viene in contatto. Pertanto, il nome deve far trasparire i valori e i tratti distintivi del brand e persino le emozioni che vuole suscitare nel pubblico.

Avere un nome “giusto” è indispensabile per un’azienda, per comunicare efficacemente ed imprimersi nella mente della propria target audience. Tutti aspetti importanti di cui abbiamo parlato anche nell’articolo dedicato alla brand strategy.

Un’altra ragione per cui questa scelta non andrebbe presa sottogamba è che il nome, a differenza di altri elementi come logo e payoff che possono cambiare nel tempo, una volta scelto sarà quello per sempre. 
Anche a seguito di un rebranding, è molto improbabile che il nome cambi, perché esso si lega al brand in maniera indissolubile (diverso è il caso di acquisizioni o fusioni tra due aziende dove effettivamente il nome potrebbe subire modifiche).

Un nome è difficile farselo. Un cattivo nome, toglierselo.

Caratteristiche di un brand naming di successo

Un buon naming deve rispondere ad alcuni requisiti, ed essere:

  • Coerente: come già accennato, dev’essere coerente con la mission e la vision aziendali ed essere adatto alla target audience di riferimento. In questo modo contribuisce al posizionamento del brand sul mercato.

  • Unico: il nome deve essere unico e originale per differenziarsi dai competitor.

  • Semplice e possibilmente breve. Non è una regola universale, esistono nomi lunghi ma ugualmente d’impatto e di successo ma, orientativamente, queste caratteristiche rendono il nome del brand più facile da ricordare, come nel caso di Nike, Ikea, Lego.

  • Inequivocabile, cioè non soggetto a fraintendimenti. Qui, come vedremo più avanti, entra in campo uno studio di tipo linguistico per accertarsi che il nome non abbia significati ambigui o, peggio, offensivi in altre lingue. Meglio stare alla larga anche da nomi che si prestano facilmente a storpiature o giochi di parole.

  • Facile da pronunciare, non solo nella propria lingua ma anche in altre se il brand è -o potenzialmente lo potrà diventare nel tempo- destinato a diversi Paesi.

  • Eufonico, cioè dotato di una piacevole sonorità, magari in grado persino di evocare le sensazioni tipiche di quel settore. Ad esempio Soflan, oltre ad essere gradevole come suono, induce a un collegamento naturale al prodotto e al suo scopo (ammorbidente).
    In ogni caso, se è difficile da ripetere o suona strano non è il nome giusto.

  • Disponibile. Ultimo requisito, ma di certo non ultimo per importanza, è la disponibilità e la fattibilità del nome. Vanno esclusi nomi già registrati da altri o quelli che, per motivi legali, non sono registrabili.

Ti serve un brand naming?

Tipi di naming ed esempi

Abbiamo visto quali caratteristiche deve avere un brand naming di successo, ora scopriamo invece che tipi di nomi esistono e come orientarsi nella scelta.
Facciamo una prima distinzione in base allo stile e, a seguire, prendiamo in considerazione il fattore “significato”.

Differenze di stile

Una delle prime cose da stabilire è se il nome del marchio sarà di tipo descrittivo oppure astratto.

  • Un nome descrittivo, è quello che racchiude in modo sintetico il settore merceologico cui appartiene il brand. In breve, fa capire subito di cosa si occupa l’azienda.
    Un esempio è Tessitura Toscana Telerie che, com’è facile evincere, si occupa di biancheria e tessili per la casa. Nessun fraintendimento.
  • Al contrario, un nome evocativo è meno diretto e rimane più vago; si limita a suggerire velatamente il mondo a cui il brand appartiene, o il suo scopo.
    Algida rientra in questa categoria. Il nome non svela direttamente ciò di cui si occupa l’azienda (produrre gelati) ma il termine álgida (dal latino “algidus”, freddo) appartiene ad una sfera semantica in cui si trovano parole come ghiaccio, gelati, neve, ghiaccioli, surgelati ecc.

    La parola algida richiama in noi immagini e sensazioni legate al freddo. Pur non chiamandosi “Gelati&gelati”, si comprende ugualmente di cosa si occupa l’azienda, o quanto meno la si riesce a collocare in un settore.
    Quando l’azienda non era ancora così nota, a facilitare la comprensione del naming c’era un chiaro payoff (Industria alimenti gelati) e l’immagine di un cristallo di ghiaccio a completamento del logo.

logo algida negli anni

Logo Algida negli anni; tanti restyling ma il nome è sempre lo stesso.

Differenze di significato

Un’altra distinzione si basa sul significato che si vuole (o non vuole) dare al nome del brand.

  • Il proprio nome: questa è una scelta che adottano comunemente le case di moda o anche le cantine di vini e l’industria alimentare. Quando si tratta di aziende che vantano una certa storicità, il nome è spesso accompagnato dalla data di fondazione.
    Un naming di questo tipo infonde una sensazione di stabilità e anche autorevolezza.

Quando il nome proprio diventa un brand

  • Nome astratto, è un nome completamente inventato. Molti brand famosi sono nomi di fantasia, come Amazon o Google. Uno dei suoi pro è che è facile da memorizzare proprio perché fa leva sul fatto che è un nome inusuale, mai sentito prima perciò sorprende e rischia di diventare un “tormentone”.

  • Acronimo: ossia un nome formato solo da iniziali, come nel caso di Fiat (Fabbrica Italiana Automobili Torino) LG (Lucky Goldstar) TIM (Telecom Italia Mobile) IKEA (Le iniziali di Ingvar Kamprad, fondatore, e di Elmtaryd e Agunnaryd, rispettivamente la fattoria e il villaggio svedese dove è nato).

  • Onomatopea: sono quei nomi che vogliono riprodurre dei suoni specifici, legati al prodotto o al suo packaging.
    Cosa ti suggeriscono parole come: Tic Tac, Schweppes, Chupa chups? Anche Twitter, (dall’inglese, to tweet=cinguettare) fa ricorso a un suono onomatopeico .

Quando si opta per un nome simbolico o astratto, il payoff può venire in aiuto per facilitarne la comprensione. 

Esempi di famosi payoff 

Brand naming, consigli utili

In questo articolo stiamo usando come esempi alcuni noti brand perché ci aiutano a illustrare i concetti, ma voglio mettere in guardia dalla tentazione di voler imitare tutti costi i grandi marchi. Non sempre, infatti, sono raccomandabili nomi sofisticati, troppo fantasiosi.

Concentrarsi sulla propria particolarità è sicuramente il miglior consiglio, così come quello di orientarsi verso un nome che convince e in cui ci si rispecchi, perché accompagnerà il brand per sempre.

Nel processo di naming, poi, bisogna tener conto di una questione che in passato non era così sentita: la disponibilità del dominio per un sito web.
In vista della realizzazione di un sito web (che ormai tutte le realtà, piccole o grandi, hanno) è bene controllare che il nome dominio .it o .com sia disponibile.

Step per la ricerca di un naming

Come detto all’inizio, fare brand naming non è frutto solo di creatività ma di un mix di competenze differenti che entrano in campo.

Chi si occupa di brand naming deve saperne di:

  • Marketing e branding
  • Comunicazione
  • Linguistica
  • Fonetica
  • Semiotica
  • Diritto dei marchi

Vediamo ora brevemente i passaggi necessari per la selezione del nome di un brand.

  1. Analisi: come prima cosa viene fatto un incontro col cliente per raccogliere quante più informazioni sul brand, le sue migliori qualità, la filosofia cui si ispira, i competitor, e le persone alle quali ci si rivolgerà.

  2. Al termine dell’analisi, i creativi, attraverso tecniche come il brainstorming, liberano ogni idea che passi per la mente, di getto.

  3. Da questa prima “sfornata” si filtrano i nomi che convincono di più e si comincia a fare uno studio più approfondito, a partire da quello sulla disponibilità per evitare di perdere tempo con nomi non disponibili o soggetti a restrizioni.
    Il processo di scrematura continua fino a ridurre la scelta a pochi nomi, che il cliente potrà vagliare per decidere quale risponde meglio alle sue esigenze e quale sente più suo.

  4. Al termine del processo decisionale, il nome verrà depositato come marchio di proprietà e sarà valido per 10 anni, rinnovabili all’infinito.

Cerchi un nome originale ed efficace per distinguerti?

Il tono di voce

tono di voce brand

Cos’è il tono di Voce

Il tono di voce (in inglese “tone of voice” o Tov) di un brand è il modo in cui un’azienda esprime sé stessa attraverso le parole; come parla al suo pubblico.

Così come il modo di parlare di una persona dice molto sul suo carattere, anche il tone of voice di un brand trasmette il suo modo di essere.

Quanto parliamo di tono di voce non ci riferiamo al contenuto, alle idee e ai pensieri espressi attraverso le parole, bensì al COME vengono esposte e modulate.

Facciamo un esempio semplice: una persona potrebbe affermare la seguente frase: “Ti stavo aspettando” in due modi:
-Con un tono di voce acuto, deciso, e la frase espressa in maniera secca e rapida.
-Con un tono tranquillo, articolando bene le parole, senza fretta.

Il contenuto (il cosa) è lo stesso, ma cambia il modo con cui viene espresso (il come).
Nel primo caso il messaggio che passa è di urgenza, rimprovero e cela un sentimento di impazienza, mentre il secondo suggerisce un senso di accoglienza, di sollievo e di gioia.

Allo stesso modo, il tono di voce nel marketing può assumere diverse sfumature che generano nel pubblico impressioni diverse.
Le parole sono suono, ritmo, evocano immagini, creano sensazioni. 
Il tono di voce influenza non solo la nostra percezione rispetto chi abbiamo davanti (che sia una persona o un’azienda) ma anche il modo in cui ci rapportiamo ad essa.

Insieme agli elementi di identità visiva, il tone of voice è parte fondamentale della comunicazione di un brand, un elemento di relazione col proprio pubblico.

tone of voice

Tipi di tono di voce di un brand

Il tono di voce può essere definito da diversi fattori; ad esempio se si usano termini tecnici, se si ricorre ad un linguaggio simbolico, se il brand parla di sé in prima o in terza persona e ancora, se si fa uso di slang, di umorismo, se si fa leva su uno stile colloquiale e diretto, oppure emozionale e suggestivo, e così via.

Stili ed elementi diversi che, se ben studiati, sono capaci di raccontare una storia e trascinarvi dentro il pubblico.

Una volta individuato il tono di voce che rispecchia il brand, lo si utilizzerà su tutti i canali di comunicazione, dalla brochure alla campagna sui social, dal sito web al servizio clienti per essere sempre coerenti e riconoscibili.

Veniamo ora ai tipi di tono di voce che un brand può adottare.

TIPI di tone of voice

Il tono di voce di un brand può essere catalogato in base al suo livello di formalità.
Si va da toni molto formali e impostati, che trasmettono serietà, autorevolezza e fiducia ma anche freddezza e distacco, a toni sempre più informali, persino amichevoli. Ognuno di questi stili suscita emozioni diverse nel lettore. Vediamo i principali:

  • Istituzionale: è tra i più freddi ed è caratterizzato da un ritmo lento e frasi articolate.

     

  • Professionale: è un tono formale ma meno distaccato del precedente. Il brand parla di sé, non parla al lettore, non lo coinvolge e spesso utilizza la terza persona per raccontarsi. Non c’è molta empatia ma trasmette professionalità. Es. Polli.
tono di voce professionale
  • Onirico: questo stile punta a stimolare i sensi, evoca l’atmosfera astratta e affascinante tipica dei sogni. Un esempio di questo tipo è Müller.
  • Colloquiale: il brand parla in prima persona e si rivolge direttamente al lettore. Risulta familiare e amichevole perché sa trasmettere un senso di accoglienza. Esempi sono IKEA, Mulino Bianco e Poltrone e Sofà.

 

  • Ironico: è il tono giocoso, talvolta irriverente, che punta a sorprendere il lettore. Es. Ceres e Amica chips.

Come si crea il tone of voice

Come fa un’azienda a trovare il proprio tono di voce? Nell’articolo dedicato alla brand strategy abbiamo affrontato l’importanza per un’azienda di definire e conoscere:

La propria identità: valori, mission e vision e obiettivi.

Il target: chi sono, che bisogni e desideri hanno i propri potenziali clienti?

I competitor: come stanno comunicando i competitor? Cosa si può fare per far risaltare l’unicità del brand, e cosa lo differenzia dalle altre proposte analoghe presenti sul mercato?

Conoscere perfettamente questi aspetti aiuta a trovare il giusto tono di voce con cui comunicare al proprio pubblico.

Non serve copiare o ispirarsi eccessivamente a realtà di successo o alle mode del momento. Un tono di voce autentico e credibile nasce esclusivamente da una profonda analisi della propria realtà.

Immagina un tono di voce eccessivamente amichevole e colloquiale applicato ad un business finanziario. Riuscirebbe a trasmetter valori di solidità, professionalità e fiducia?
Io non credo. Anche se oggi la tendenza è quella di avvicinarsi al cliente e accorciare le distanze, questo potrebbe non essere valido per alcuni settori dove ci si aspetta che venga mantenuto un distacco, e dove un certo grado di formalità è gradito.

Anche adottare uno stile travolgente, con comunicazioni create ad hoc per attirare l’attenzione non è credibile se proviene da un’azienda che ha un consolidato un mood pacato.
Lo stile comunicativo dev’essere spontaneo, autentico e rappresentare il vero carattere, l’anima del brand e questa non può certo cambiare da un giorno all’altro.

Non c’è uno stile giusto e uno stile sbagliato, c’è però la coerenza.
Studiare il proprio stile renderà la comunicazione incisiva, efficace e contribuirà a rendere il brand riconoscibile, obiettivo di ogni brand strategy.

Hai bisogno di definire il tono di voce del tuo brand?

Riassumendo, il tono di voce di un brand, per essere efficace, deve:

  • Rispecchiare i valori e l’ identità del brand
  • Mettere il luce l’ unicità e la “personalità”
  • Ispirare fiducia
  • Parlare la stessa lingua del destinatario
  • Creare relazioni
  • Essere congruente con tutta la brand identity
  • Essere utilizzato con coerenza in ogni canale di comunicazione 

Comunicare è il nostro mestiere da ormai 20 anni. Troviamo insieme la tua voce.

Strategia di branding

strategia di branding

Cos’è il branding

Il branding è un insieme di azioni che un’azienda mette in campo per trasmettere l’identità del proprio brand. 

Tali azioni comprendono diverse cose: la realizzazione del logo, l’ideazione del payoff, l’immagine coordinata ma non riguarda solamente gli aspetti visivi. 

Fare branding, infatti, è un’operazione articolata e significa anche -e soprattutto- conoscere i bisogni e i desideri del proprio “cliente-tipo” per dialogare con lui, colpirlo a livello emotivo fino ad imprimersi saldamente nella sua mente.

Cos’è la strategia di branding?

La strategia di branding, o brand strategy, è l’elaborazione di un piano di sviluppo e comunicazione del brand. Definisce le linee guida su cosa, come e dove comunicare.

Il fulcro di tutta la comunicazione e di ogni attività di marketing dev’essere la propria unicità, o più tecnicamente la USP (Unique Selling Proposition).

Più l’azienda ha un’identità forte, credibile, e riesce a differenziarsi dai competitor -non solo nei modi ma anche nella sostanza della propria offerta- e più sarà semplice attuare le strategie di branding.

L’obiettivo del marketing è conoscere e comprendere il cliente in maniera così efficace che il prodotto o servizio si venda da solo.

brand

Perché un’azienda ha bisogno di una strategia di brand?

L’obiettivo finale di ogni strategia di branding è “emergere dal rumore di fondo” del proprio settore e diventare fortemente riconoscibili, tanto da diventare inconfondibili agli occhi del proprio pubblico. Non è uno sforzo da poco, visto che al giorno d’oggi la competitività è altissima.

Per arrivare a questo risultato occorre creare un “legame” col cliente, far sì che si “innamori”del brand, e diventi nel tempo un affezionato acquirente.

Hai bisogno di definire una strategia di branding?

Come creare un’efficace strategia di branding

La brand strategy è fatta di 3 momenti salienti: analisi, azione e monitoraggio. Vediamoli.

brand strategy

1)Analisi

Alla base di ogni buona strategia di branding c’è innanzitutto una conoscenza profonda che l’azienda ha di sé stessa e dei suoi prodotti/servizi: l’azienda deve infatti definire i suoi valori, la sua vision, la direzione nella quale vuole andare, aver chiaro ciò che la differenzia dai competitor e conoscere la sua target audience (pubblico di riferimento).

Solo dopo questa analisi dettagliata l’azienda riuscirà a veicolare i propri valori e la propria USP e potrà mettere in atto attività di comunicazione e marketing basate su solide fondamenta.

2)Azione

Una volta definita la propria identità aziendale, è il momento di comunicarla e promuoverla, sfruttando i canali più giusti per il proprio target. Possono essere canali digitali o tradizionali, o un mix dei due. Non ci sono regole prestabilite, tutto cambia in base al proprio cliente ideale.

Se si conosce bene la propria target audience (si è fatta quindi una buona analisi) sarà facile scegliere lo stile comunicativo ed il tono di voce da adottare, nonché i canali di comunicazione.

L’obiettivo è creare interesse e fiducia nell’utente che ancora non conosce il brand e fedeltà nel cliente già acquisito.

In questa fase, coinvolgere il consumatore è essenziale e significa lavorare sul piano emozionale: cosa pensa e cosa prova quando viene in contatto con il brand? Che emozioni suscita in lui quel prodotto/servizio, il suo packaging e la pubblicità? 

Pensare al cliente e non alla mera vendita aiuterà a rendere unica l’esperienza col brand.

Fai un cliente, non una vendita

strategia di branding

Strumenti per veicolare il proprio brand:

Come già detto, gli strumenti per diffondere il proprio brand sono tanti e diversi. Secondo la nostra esperienza di web agency, quelli attualmente più fruttuosi sono:

  • Sito web: Il sito web, che sia un e-commerce o un sito di rappresentanza, rimane uno dei più forti strumenti di cui l’azienda può avvalersi on line per presentarsi al pubblico, generare e diffondere le proprie comunicazioni. È una base, un luogo virtuale dove l’utente atterra per conoscere meglio l’azienda. Pertanto, è il caso di accoglierlo bene: grafiche creative, curate ed in linea con il resto della visual identity aziendale, contenuti utili e interessanti ed un’usabilità fluida e piacevole.
  •  Logo e payoff: Un logo deve avere dei requisiti specifici per essere incisivo e rimanere impresso nella memoria del consumatore. Un buon graphic designer dovrebbe essere in grado di creare un logo:

-Originale: no a loghi già visti o banali
-Rappresentativo del settore in cui opera l’azienda
-Facile da capire e leggere
-Adattabile a vari supporti
-Memorizzabile e memorabile

Anche il payoff ha la sua importanza; solitamente per realizzarlo i copywriter lavorano assieme ai grafici per confezionare un tutt’uno coerente e d’impatto col logo.
Un payoff ben riuscito è breve ed orecchiabile, una sorta di “tormentone” che s’imprimerà nella mente delle persone.

  • Content marketing: Per tener vivo l’interesse degli utenti si possono creare i cosiddetti contenuti di valore (se vuoi approfondire abbiamo scritto un articolo dedicato al content marketing); altro non sono che contenuti testuali come articoli di blog, guide da scaricare, podcast, webinar o post sui social media per intrattenere, incuriosire e informare il pubblico. Costituiscono un’occasione per mostrarsi competenti in materia, mostrare il proprio valore ed emergere dai competitor.
 
  • Social media: I social media possono essere uno strumento per creare e diffondere i contenuti, ma vanno oltre: sono piattaforme di connessione, scambio ed interazione diretta col proprio pubblico.
    Senza dimenticare che sono anche strumenti pubblicitari veri e propri, grazie alle campagne promozionali o l’influencer marketing che sfrutta testimonial noti nel settore per raccontare il brand ai propri follower.
    Non tutte le strategie di branding prevedono l’utilizzo dei social, anche se oggi tutte le realtà vogliono essere presenti su questi canali. È doveroso precisare che non è sufficiente esserci e basta; i social media sono strumenti ricchi di sfaccettature e per sfruttarne le opportunità bisogna conoscerli bene, altrimenti il rischio è che sia solamente una perdita di tempo.
 
  • Email marketing: Oltre a diventare inconfondibile, un brand può aspirare a diventare insostituibile. È chiaro che il successo di un brand dipende in prima linea dalla qualità che offre, non si può infatti aspirare a diventare insostituibili se si vende un prodotto/servizio di media-scarsa qualità. Fatta questa ovvia ma necessaria premessa, suggeriamo l’email marketing come uno degli strumenti per legare a sé un cliente nel tempo, fidelizzandolo.

    Stare in contatto con i propri clienti anche dopo la fase di acquisto significa mantenersi presenti nella loro mente e “trattenerli”, far in modo che non abbiano bisogno di andare in cerca dei competitor.
    Cosa scrivere nelle e-mail? Tutto quello che può interessare il nostro consumatore: dalle offerte e promozioni, ai consigli, ma anche parlare del marchio, delle nuove iniziative e aggiornamenti.

3)Monitoraggio

Monitorare la strategia di brand significa osservare i riscontri che arrivano dal proprio pubblico sui vari canali ed essere pronti a cambiar rotta quando qualcosa non funziona.

Nell’articolo dedicato al rebranding abbiamo visto come le aziende, col passare del tempo, possono avere bisogno di dare una rinfrescata all’immagine o di ridefinire la propria offerta.
A seguito di un restyling del logo, e ancor più di un rebranding, sarà necessario ripensare nuovamente tutta la brand strategy.

Perché nel marketing non c’è nulla di definitivo, i gusti e le abitudini del pubblico mutano ed occorre flessibilità per seguire il flusso del cambiamento anziché farsi schiacciare da esso.

Da quasi 20 anni aiutiamo le aziende a definire la loro brand strategy.

Accoglienza hotel

accoglienza hotel

Tra le tante qualità che contraddistinguono un hotel ce n’è una che ha un particolare effetto sugli ospiti: il senso di ospitalità che è in grado -oppure no- di trasmettere.

Se è vero che le persone vanno alla ricerca delle caratteristiche che meglio rispondono alle loro esigenze (hotel con spa, family hotel, struttura con piscina, servizio di mezza pensione e così via) è altrettanto vero che quello che più desiderano, una volta arrivati in struttura, è di sentirsi ben accolti e a proprio agio. 

Quando si viaggia, infatti, si abbandona la propria comfort zone, le proprie abitudini e, per quanto una vacanza sia un momento atteso ed eccitante, è anche vero che, soprattutto i primi giorni, si possa avvertire un senso di disagio e la necessità di adattarsi a nuovi ritmi e abitudini.

Chi sa fare bene ospitalità tiene in considerazione tutto questo, rendendo l’accoglienza un rituale da svolgersi prima, durante e dopo il soggiorno; consapevole che la prima impressione dell’ospite non si basa su qualcosa di strettamente tangibile e visibile, bensì su qualcosa di più impalpabile, una sensazione che agisce ad un livello più profondo. 

Una bella piscina o una camera arredata con gusto conquistano ed appagano la vista; ma sono aspetti che passano in secondo piano se l‘atmosfera che aleggia è fredda e inospitale.

La mia definizione di un buon hotel è un posto in cui mi piacerebbe rimanere.

Oggi si è troppo concentrati ad attirare gli utenti verso la propria struttura, a sedurli e stupirli con effetti speciali, con una moltitudine di servizi, talvolta persino inutili o non graditi. Mentre l’accoglienza vera e propria, basata sull’apertura e sul fattore umano, viene data per scontata; si dichiara ostinatamente “Ti faremo sentire come a casa” ma il più delle volte frasi di questo tipo risuonano vuote in chi legge o non trovano una reale rispondenza.

Sentirsi ben accolti e veramente i “benvenuti” è una sensazione che non conosce tempo; e che dona un immediato senso di benessere. Questo, oggi più che mai, acquisisce un valore inestimabile. 

Esistono alcune piccole azioni -qui ci riferiamo a quelle online- che possono fare la differenza e che riescono a far sentire l’altro a proprio agio, dalle prime battute fino al check out. 

Se da una parte è vero che la tecnologia ha cambiato i rapporti interpersonali, è anche vero che alcuni strumenti digitali, se utilizzati nel modo corretto, aiutano a trasmettere calore e disponibilità.

Prima dell’arrivo   

Ancor prima di conoscere l’ospite dal vivo, si può cominciare a fare accoglienza. Ci sono tanti strumenti di comunicazione tra cui scegliere, l’importante è saperli sfruttare al meglio.

Le e-mail, ad esempio, sono un eccellente alleato per instaurare una prima relazione con il cliente. Non risparmiamoci ma elargiamo generosamente informazioni: anche di fronte ad una semplice richiesta di disponibilità possiamo già dare tutte le informazioni utili, quelle che il potenziale ospite potrebbe chiedere in seconda battuta. 

Ad esempio, si può raccontare dove si trova la struttura e di quanto sia comoda la sua posizione per raggiungere i maggiori luoghi di interesse; evidenziare i particolari comfort che caratterizzano le camere. E perché non inserire una foto dello staff per cominciare ad accorciare le distanze? Una risposta così completa, darà subito un segnale positivo a chi legge, aumentando le possibilità che la persona prenoti.

Un’altra idea, in questo caso a seguito della prenotazione, è di registrare un messaggio vocale per dare le informazioni utili prima dell’arrivo, come gli orari di check-in e check-out o le indicazioni per raggiungere la struttura. Trasmettere queste informazioni attraverso la voce, anziché in modalità scritta, può essere un modo originale per avvicinarsi all’ospite e trasmettergli un senso di fiducia e di umanità. Molto spesso le comunicazioni sono asciutte e fin troppo essenziali. 

Per non perdere troppo tempo si risparmia sulle parole, ma ricordiamoci che la tecnologia ci viene in aiuto con la possibilità di pre impostare le e-mail, gestionali con CRM integrato, digital concierge ed altre risorse utili.

Oltre a fornire informazioni, è possibile sfruttare le comunicazione pre-stay per raccogliere alcune notizie sui potenziali clienti. Ogni persona è diversa e ha le sue preferenze; raccogliamo quante più informazioni possibili, magari attraverso un breve questionario, e cerchiamo di capire abitudini ed esigenze particolari, e se è possibile fin da subito fare qualcosa (es. prenotare transfer dall’aeroporto o conoscere eventuali intolleranze alimentari).

Mostrarsi disponibili e propositivi senza aspettare che sia l’altro a chiedere: anche questo significa essere ospitali.

Scopri il concierge digitale che abbiamo ideato:

Durante il soggiorno

Ha senso aspettare il momento del check-out per chiedere agli ospiti “È andato bene il soggiorno?”. Ormai, per l’appunto, è “andato”.

Se la risposta fosse negativa sarebbe ormai tardi per riuscire a migliorare la loro guest experience. Rimediare con uno sconto? Decisamente meglio intervenire tempestivamente, durante e non dopo la loro permanenza, tenendo conto che non tutti gli ospiti si comportano allo stesso modo: c’è chi non aspetta altro che lamentarsi alla reception, ma c’è anche chi apparentemente sta trascorrendo un buon soggiorno ma, una volta arrivato a casa, esprime il suo disappunto attraverso una cattiva recensione.

Sostituire la frase “È andato bene il soggiorno? “ con “Sta andando bene il soggiorno?” può fare una grande differenza.

Un’altra cosa che si può fare durante la permanenza degli ospiti in hotel è quella di stupirli con piccoli gesti: il classico cocktail di benvenuto, lasciare una guida in camera, proporre attività interessanti o far trovare un kit di benvenuto originale e di qualità. E ai bambini chi ci pensa? Ci abbiamo pensato noi, per voi. La nostra agenzia ha recentemente ideato un prodotto pensato per l’accoglienza dei più piccoli: il kit benvenuto hotel “PuppyBox”.

accoglienza hotel

Un servizio personalizzato ci fa sentire persone speciali.

Dopo il soggiorno

L’ospite ci ha salutati. C’è ancora qualcosa che si può fare per imprimere nella sua mente un ricordo positivo? Una possibilità è quella di inviare una mail per ringraziarlo ancora una volta di averci scelto e magari allegare uno sconto sul prossimo soggiorno, come prova tangibile della nostra gratitudine.

Questo è anche il momento di chiedergli una recensione. Insomma, il rapporto con l’ospite non termina quando egli lascia la struttura, ma si può prolungare attraverso l’e-mail marketing con l’invio di offerte, newsletter e contenuti interessanti.

Fare ospitalità è un’operazione complessa, ma tutti e tre i momenti sono importanti se si vuol offrire un’esperienza di soggiorno di qualità e rimanere piacevolmente impressi nel ricordo degli ospiti: la fidelizzazione comincia già dall’accoglienza!

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