Landing page cos’è

landing page cos'è

Landing page significato

Cos’è una landing page e cosa significa questo termine inglese?
Landing page significa, letteralmente, “pagina di atterraggio”. Si tratta, molto brevemente, di una pagina web dove far arrivare gli utenti per invitarli a compiere una precisa azione.

Che differenza c'è tra sito web e landing page?

 Una pagina di atterraggio, anche se apparentemente non sembra, è molto diversa dalle normali pagine di un sito web. Ciò che la distingue è soprattutto l’obiettivo: le pagine di un sito  servono a presentare un’azienda e i suoi servizi in maniera “generica”. Le landing page, invece, hanno un obiettivo di conversione molto specifico; inoltre:

– Sono destinate ad un pubblico attentamente profilato.
– Vengono strutturate con logiche diverse da quelle pensate per l’homepage e le altre pagine ( “servizi”, “prodotti”, “chi siamo” ecc.).
– Non vi si accede dal sito web, ma in altri modi che ora vedremo.

Una landing page non si trova nel menu di navigazione del sito web ma vi si accede, solitamente, da un annuncio pubblicitario. Questa è un’altra delle caratteristiche che la rende speciale, diversa dalle altre pagine.

A cosa serve una landing page?

Questo tipo di pagina è utile in due casi:
1- Quando si vogliono raccogliere le e-mail degli utenti per fare successivamente e-mail marketing.

2- Per vendere un prodotto/servizio direttamente online. Nelle paragrafo che segue ti spiegherò la differenza tra queste due tipologie.

Squeeze page e Sale page

Ora che abbiamo risposto alla domanda “landing page cos’è?”, entriamo più nel dettaglio per scoprire tutti gli aspetti di questo fantastico strumento di conversione. Come abbiamo appena visto, esistono due motivi che portano a creare una landing page.

– La squeeze page è una pagina creata con lo scopo di raccogliere i dati degli utenti (fondamentalmente il nome e l’indirizzo e-mail) per poter in seguito inviargli offerte, novità, promozioni ecc. Insomma, per avviare tutte quelle azioni di e-mail marketing utili a instaurare una relazione con l’utente e condurlo poi, gradualmente, all’acquisto (o a mettersi in contatto con l’azienda).

Questo tipo di landing page è utilizzato per avvicinarsi agli utenti che ancora non conoscono bene un’azienda e i suoi servizi, e che vanno quindi “scaldati” prima di invitarli a un’azione più impegnativa (acquisto).

Come trattato nell’articolo Funnel di vendita, le persone prima di acquistare beni o servizi compiono un vero e proprio percorso a tappe, rappresentate nella seguente immagine.

funnel di vendita

Tornando alla squeeze page, come si fa ad ottenere l’indirizzo e-mail degli utenti? Offrendo in cambio un contenuto utile e interessante (sconto, e-book gratuito, consulenza gratuita, campione omaggio, demo gratuita ecc.). Insomma, qualsiasi incentivo che lo faccia proseguire nel suo “viaggio”.

– Le sale page, invece, puntano direttamente alla vendita. Sono pagine destinate ad un pubblico più “maturo”, che ha le idee chiare e che conosce già l’azienda/prodotti e che ha manifestato in precedenza interesse nei suoi confronti ed è quindi più propenso e pronto a convertire.

Le sale page sono molto utilizzate dalle aziende che danno la possibilità di acquistare direttamente online (es.e-commerce) ma, come vedremo, ne possono beneficiare anche aziende e professionisti che trattano servizi anziché prodotti.

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L’importanza dell'intento di ricerca

Indipendentemente dal tipo di landing page che si vuole creare, è necessario conoscere l’intento di ricerca degli utenti. Da qui parte la strutturazione della pagina.

Ma, cos’è l’intento di ricerca? È l’obiettivo che ha un utente quando fa una ricerca online. È quello che si aspetta di trovare in risposta ai suoi bisogni, dubbi o desideri.

Esempio:

Gianni ha smesso di fumare e vuole premiarsi con un trattamento di sbiancamento dentale. Non conoscendo nessun professionista in zona che offra questa prestazione, va su Google e digita: “sbiancamento dentale a Torino”. Cosa si aspetta che Google “risponda”?

Gianni spera che il motore di ricerca gli fornisca informazioni su quali dentisti in zona si occupano di sbiancamento dentale. Questo è il suo intento di ricerca. Questo è quello che si aspetta.

 Dall’altra parte, per lo studio dentistico “Dentibelli”, esperto in questo tipo di trattamento, è fondamentale conoscere l’intento di ricerca di utenti come Gianni. È sull’intento di ricerca che si costruisce una landing page.

Questo banale esempio serve anche a chiarire due aspetti:

  1. Non solo le aziende possono beneficiare di landing page, ma anche professionisti;
  2. L’obiettivo di conversione di una landing page non deve per forza essere la vendita diretta sul sito, ma si può adattare ai bisogni di ciascuno. Nel caso del nostro studio dentistico, l’obiettivo di conversione è quello di essere contattati per fissare un appuntamento.

Cerchiamo ora di capire meglio il legame tra intento di ricerca e landing page. Come detto all’inizio di quest’articolo, le landing page sono pagine molto specifiche, che vogliono rispondere ad un preciso bisogno dell’utente.

Lo studio dentistico “Dentibelli” ha un sito web dove presenta tutti i suoi servizi, ma questo potrebbe non bastare a convincere Gianni a prendere un appuntamento. Perché Gianni non sta cercando un dentista qualunque, bensì uno specializzato in sbiancamento denti.
Per questo motivo, se lo studio dentistico in questione vuole attirare persone come Gianni, farà bene a creare una landing page ad hoc su quel particolare argomento.

landing page efficace

Come promuovere una landing page?

In che modo far approdare un utente su una landing page?

Come ormai avrai capito, una landing page è una pagina di approfondimento e, sebbene vi si può accedere anche attraverso i risultati organici, il più delle volte è l’estensione di un annuncio pubblicitario.

1 – Annunci Google.

Tra i metodi più utilizzati per portare gli utenti a una landing page ci sono gli annunci “Search” e quelli “Display” di Google.

Come dicevamo nell’articolo “Tipi di campagne Google Ads”, le campagne “search” sono le più diffuse e consistono in annunci testuali che compaiono nella pagina dei risultati di Google quando un utente utilizza determinate keyword nella sua ricerca.

Gli annunci dovranno essere configurati intercettando proprio quelle keyword (ricordi l’importanza di conoscere l’intento di ricerca degli utenti?), assicurandosi che l’utente, una volta cliccato sull’annuncio e atterrato sulla landing page, trovi la risposta alla sua domanda.

2 – Annunci pubblicitari sui Social media

È possibile fare conoscere al pubblico una landing page anche attraverso le campagne sponsorizzate su Facebook. Anche qui non va trascurata la prima fase di analisi: bisogna scegliere accuratamente il pubblico.

Le landing page, ripetiamolo, sono pagine che rispondono in modo preciso a uno specifico bisogno. Pertanto, il pubblico di destinazione sarà molto circoscritto.

Se, ad esempio, sto pubblicizzando nella mia landing page un innovativo sterilizzatore per biberon, non mi rivolgerò ad un pubblico generico (uomini e donne di tutte le età) ma sarà meglio selezionare:

  • Un pubblico femminile;
  • di una certa fascia di età (25-35 anni);
  • che mostra interesse verso pagine che parlano di maternità per essere sicuro di avvicinarmi al mio target ( le neomamme).

L’esempio è molto approssimativo; in realtà quando si costruisce una campagna ci sono molti altri parametri selezionabili, ma può essere utile a ribadire il fatto che più circoscrivo il mio pubblico e più probabilità ho di far vedere il mio annuncio a persone realmente interessate al prodotto.

Tante volte si pensa, erroneamente, che un annuncio mostrato a un pubblico molto ampio porti ad una maggior visibilità. In realtà, se l’obiettivo è convertire, questo comportamento non serve a nulla, anzi porta a uno spreco di denaro. Quello che serve è il pubblico “giusto”, i cui bisogni sono perfettamente in linea con le soluzioni proposte.

3 – E-mail marketing

Anche l’ e-mail marketing è un eccellente strumento per far conoscere una landing page e il suo contenuto. In questo caso poi, il processo di “raffinazione” del pubblico è già avvenuto: ci stiamo, infatti, rivolgendo a utenti che conoscono l’azienda e che, in passato, ci avevano lasciato il loro indirizzo e-mail.

Un pubblico più “reattivo” quindi, che potrebbe essere già vicino alla conversione.

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Come si costruisce una landing page?

Quest’ultimo paragrafo è dedicato all’aspetto più tecnico, ovvero come costruire una landing page. Anche se le squeeze page e le sale page differiscono in alcuni aspetti, ci sono molti punti in comune. Possiamo dire che il ragionamento alla base della loro costruzione è il medesimo.

Bene, scopriamo allora cosa deve contenere una landing page.

1 – Come prima cosa, la pagina deve essere in linea con l’annuncio pubblicitario su cui l’utente ha cliccato; egli deve capire di cosa si sta parlando appena atterra sulla pagina. Quindi tutti gli elementi dell’intestazione ( titolo, testo e immagini ) devono essere accattivanti ma soprattutto esplicativi. Il layout dev’essere professionale, con il logo aziendale ben in evidenza e gli altri elementi grafici disposti secondo certe logiche.

2 – Nella descrizione del prodotto/servizio che si sta pubblicizzando è importante elencare i benefici per l’utente. Non si tratta di esporre le caratteristiche del prodotto; ma di spiegare perché può essere utile alla persona; che problema risolve, che miglioramento offre.
Sia che si tratti di un benefit (squeeze page) che di un prodotto/servizio (sale page), va offerto un vantaggio reale, un incentivo molto chiaro e che nessun competitor offre.
Differenziarsi e lavorare sull’unicità della propria proposta è uno dei punti salienti nella realizzazione di landing page.

3 – Il pulsante call to action (es.“scarica gratis”; “iscriviti; “acquista” ecc.) è quello che porta alla conversione. Pertanto, il suo messaggio deve essere breve e chiaro e il pulsante ben visibile, con colori in contrasto con il resto della pagina. Infine, dev’essere l’unico elemento cliccabile di tutta la pagina. Come ti dicevo, nelle landing page non c’è un menu, e nemmeno dei link; nessun elemento di distrazione. L’obiettivo, infatti, è di non far uscire l’utente dalla pagina.

Un concetto che spesso si applica alle call to action è quello di scarcity. Si tratta di rendere l’offerta imperdibile agli occhi dell’utente, facendo leva sul fatto che essa sia limitata (nel tempo o nella disponibilità). In questo caso, le call to action saranno affiancate da diciture come “ultimi posti disponibili”, “offerta valida fino al…”.

Un centro estetico che promuove attraverso una landing page il trattamento viso scontato al 50%, potrebbe ottenere diversi risultati a seconda che usi l’una o l’altra di queste call to action:

  • Sconto 50% prenota
  • Sconto 50% prenota ora, l’offerta scade domani!

Il fatto che l’offerta abbia una scadenza aumenta il desiderio di ottenere quello sconto, e può essere la spinta all’acquisto. Il senso di “urgenza”, infatti, elimina eventuali dubbi e porta l’utente ad appropriarsi in fretta di quel vantaggio, senza rimandare.

Amazon insegna...

4 – Semplificare le procedure di conversione. È fondamentale rendere la vita facile al visitatore della pagina. Ciò significa che, una volta che ha cliccato sul pulsante call to action, le successive procedure (di iscrizione o di acquisto) devono essere semplici, chiare e portare alla conversione nel minor numero di passaggi possibile.

5- Le testimonianze. Le opinioni di altre persone sono utilissime ad abolire lo scetticismo, la paura e i dubbi dei nuovi clienti. Quindi, se ci sono recensioni, inseriamole nella pagina!

esempio di landing page

A questo punto, la landing page è completa di tutti i suoi elementi. Il pulsante di conversione può essere ripetuto anche alla fine della pagina, dopo le recensioni.

Un’ultima accortezza: realizzare una “thank you page” che si apra una volta che l’utente ha convertito. Si tratta di una finestrella che appare per ringraziare l’utente per l’azione compiuta. Ma non ha solamente questa finalità; serve anche a tracciare le conversioni.

Dopo tutto l’impegno per creare correttamente la landing page, infatti, bisogna capire se porta dei risultati. Come? Analizzando il tasso di conversione, ovvero il rapporto tra il numero di visite (utenti entrati nella pagina) e il numero di conversioni (vendite o altro).

Se su 100 visite, 10 persone mi lasciano la mail (o acquistano prodotto), il tasso di conversione sarà del 10%.

Non esiste un valore preciso che indichi se il tasso di conversione è alto o basso. I dati vanno contestualizzati e soprattutto monitorati, perché una landing page può essere continuamente ottimizzata.

Landing page esempio

Prima di arrivare alla conclusione di questo articolo “Landing page, cos’è”, voglio mostrarti un esempio di landing page,  creata dalla nostra web agency per raccontare e promuovere un prodotto dedicato alle strutture ricettive: iconcierge.eu. Potrai ritrovare la struttura e le varie accortezze di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente

Conclusioni: perché creare una landing page se ho già un sito web?

In conclusione, voglio sottolineare ancora una volta la peculiarità di una landing page rispetto ad altre pagine web.

Una landing page è in grado di rispondere ad un’unica, precisa domanda posta dall’utente. Per questo motivo, la conversione avverrà in maniera più fluida, facile e naturale.

Molto spesso vedo annunci pubblicitari che si collegano alla home page del sito. In questi casi è davvero difficile che le persone convertano, perché si trovano su una pagina molto generica che si ramifica e porta ad altre pagine.

Come sappiamo, le persone in rete sono distratte e cercano risposte veloci; non vogliono navigare in tutto il sito per trovare la risposta ai loro bisogni. Ecco, quindi, che il miglior sistema per rendere una campagna efficace è collegarla ad una landing page creata ad hoc e che risponde a quello specifico bisogno.

Creare una landing page è, passami il termine, “un’arte”: ogni elemento dev’essere pensato e curato nei dettagli. Se ben impostata, una landing page è uno strumento di conversione molto potente.

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Il tono di voce

tono di voce brand

Cos’è il tono di Voce

Il tono di voce (in inglese “tone of voice” o Tov) di un brand è il modo in cui un’azienda esprime sé stessa attraverso le parole; come parla al suo pubblico.

Così come il modo di parlare di una persona dice molto sul suo carattere, anche il tone of voice di un brand trasmette il suo modo di essere.

Quanto parliamo di tono di voce non ci riferiamo al contenuto, alle idee e ai pensieri espressi attraverso le parole, bensì al COME vengono esposte e modulate.

Facciamo un esempio semplice: una persona potrebbe affermare la seguente frase: “Ti stavo aspettando” in due modi:
-Con un tono di voce acuto, deciso, e la frase espressa in maniera secca e rapida.
-Con un tono tranquillo, articolando bene le parole, senza fretta.

Il contenuto (il cosa) è lo stesso, ma cambia il modo con cui viene espresso (il come).
Nel primo caso il messaggio che passa è di urgenza, rimprovero e cela un sentimento di impazienza, mentre il secondo suggerisce un senso di accoglienza, di sollievo e di gioia.

Allo stesso modo, il tono di voce nel marketing può assumere diverse sfumature che generano nel pubblico impressioni diverse.
Le parole sono suono, ritmo, evocano immagini, creano sensazioni. 
Il tono di voce influenza non solo la nostra percezione rispetto chi abbiamo davanti (che sia una persona o un’azienda) ma anche il modo in cui ci rapportiamo ad essa.

Insieme agli elementi di identità visiva, il tone of voice è parte fondamentale della comunicazione di un brand, un elemento di relazione col proprio pubblico.

tone of voice

Tipi di tono di voce di un brand

Il tono di voce può essere definito da diversi fattori; ad esempio se si usano termini tecnici, se si ricorre ad un linguaggio simbolico, se il brand parla di sé in prima o in terza persona e ancora, se si fa uso di slang, di umorismo, se si fa leva su uno stile colloquiale e diretto, oppure emozionale e suggestivo, e così via.

Stili ed elementi diversi che, se ben studiati, sono capaci di raccontare una storia e trascinarvi dentro il pubblico.

Una volta individuato il tono di voce che rispecchia il brand, lo si utilizzerà su tutti i canali di comunicazione, dalla brochure alla campagna sui social, dal sito web al servizio clienti per essere sempre coerenti e riconoscibili.

Veniamo ora ai tipi di tono di voce che un brand può adottare.

TIPI di tone of voice

Il tono di voce di un brand può essere catalogato in base al suo livello di formalità.
Si va da toni molto formali e impostati, che trasmettono serietà, autorevolezza e fiducia ma anche freddezza e distacco, a toni sempre più informali, persino amichevoli. Ognuno di questi stili suscita emozioni diverse nel lettore. Vediamo i principali:

  • Istituzionale: è tra i più freddi ed è caratterizzato da un ritmo lento e frasi articolate.

     

  • Professionale: è un tono formale ma meno distaccato del precedente. Il brand parla di sé, non parla al lettore, non lo coinvolge e spesso utilizza la terza persona per raccontarsi. Non c’è molta empatia ma trasmette professionalità. Es. Polli.
tono di voce professionale
  • Onirico: questo stile punta a stimolare i sensi, evoca l’atmosfera astratta e affascinante tipica dei sogni. Un esempio di questo tipo è Müller.
  • Colloquiale: il brand parla in prima persona e si rivolge direttamente al lettore. Risulta familiare e amichevole perché sa trasmettere un senso di accoglienza. Esempi sono IKEA, Mulino Bianco e Poltrone e Sofà.

 

  • Ironico: è il tono giocoso, talvolta irriverente, che punta a sorprendere il lettore. Es. Ceres e Amica chips.

Come si crea il tone of voice

Come fa un’azienda a trovare il proprio tono di voce? Nell’articolo dedicato alla brand strategy abbiamo affrontato l’importanza per un’azienda di definire e conoscere:

La propria identità: valori, mission e vision e obiettivi.

Il target: chi sono, che bisogni e desideri hanno i propri potenziali clienti?

I competitor: come stanno comunicando i competitor? Cosa si può fare per far risaltare l’unicità del brand, e cosa lo differenzia dalle altre proposte analoghe presenti sul mercato?

Conoscere perfettamente questi aspetti aiuta a trovare il giusto tono di voce con cui comunicare al proprio pubblico.

Non serve copiare o ispirarsi eccessivamente a realtà di successo o alle mode del momento. Un tono di voce autentico e credibile nasce esclusivamente da una profonda analisi della propria realtà.

Immagina un tono di voce eccessivamente amichevole e colloquiale applicato ad un business finanziario. Riuscirebbe a trasmetter valori di solidità, professionalità e fiducia?
Io non credo. Anche se oggi la tendenza è quella di avvicinarsi al cliente e accorciare le distanze, questo potrebbe non essere valido per alcuni settori dove ci si aspetta che venga mantenuto un distacco, e dove un certo grado di formalità è gradito.

Anche adottare uno stile travolgente, con comunicazioni create ad hoc per attirare l’attenzione non è credibile se proviene da un’azienda che ha un consolidato un mood pacato.
Lo stile comunicativo dev’essere spontaneo, autentico e rappresentare il vero carattere, l’anima del brand e questa non può certo cambiare da un giorno all’altro.

Non c’è uno stile giusto e uno stile sbagliato, c’è però la coerenza.
Studiare il proprio stile renderà la comunicazione incisiva, efficace e contribuirà a rendere il brand riconoscibile, obiettivo di ogni brand strategy.

Hai bisogno di definire il tono di voce del tuo brand?

Riassumendo, il tono di voce di un brand, per essere efficace, deve:

  • Rispecchiare i valori e l’ identità del brand
  • Mettere il luce l’ unicità e la “personalità”
  • Ispirare fiducia
  • Parlare la stessa lingua del destinatario
  • Creare relazioni
  • Essere congruente con tutta la brand identity
  • Essere utilizzato con coerenza in ogni canale di comunicazione 

Comunicare è il nostro mestiere da ormai 20 anni. Troviamo insieme la tua voce.

Strategia di branding

strategia di branding

Cos’è il branding

Il branding è un insieme di azioni che un’azienda mette in campo per trasmettere l’identità del proprio brand. 

Tali azioni comprendono diverse cose: la realizzazione del logo, l’ideazione del payoff, l’immagine coordinata ma non riguarda solamente gli aspetti visivi. 

Fare branding, infatti, è un’operazione articolata e significa anche -e soprattutto- conoscere i bisogni e i desideri del proprio “cliente-tipo” per dialogare con lui, colpirlo a livello emotivo fino ad imprimersi saldamente nella sua mente.

Cos’è la strategia di branding?

La strategia di branding, o brand strategy, è l’elaborazione di un piano di sviluppo e comunicazione del brand. Definisce le linee guida su cosa, come e dove comunicare.

Il fulcro di tutta la comunicazione e di ogni attività di marketing dev’essere la propria unicità, o più tecnicamente la USP (Unique Selling Proposition).

Più l’azienda ha un’identità forte, credibile, e riesce a differenziarsi dai competitor -non solo nei modi ma anche nella sostanza della propria offerta- e più sarà semplice attuare le strategie di branding.

L’obiettivo del marketing è conoscere e comprendere il cliente in maniera così efficace che il prodotto o servizio si venda da solo.

brand

Perché un’azienda ha bisogno di una strategia di brand?

L’obiettivo finale di ogni strategia di branding è “emergere dal rumore di fondo” del proprio settore e diventare fortemente riconoscibili, tanto da diventare inconfondibili agli occhi del proprio pubblico. Non è uno sforzo da poco, visto che al giorno d’oggi la competitività è altissima.

Per arrivare a questo risultato occorre creare un “legame” col cliente, far sì che si “innamori”del brand, e diventi nel tempo un affezionato acquirente.

Hai bisogno di definire una strategia di branding?

Come creare un’efficace strategia di branding

La brand strategy è fatta di 3 momenti salienti: analisi, azione e monitoraggio. Vediamoli.

brand strategy

1)Analisi

Alla base di ogni buona strategia di branding c’è innanzitutto una conoscenza profonda che l’azienda ha di sé stessa e dei suoi prodotti/servizi: l’azienda deve infatti definire i suoi valori, la sua vision, la direzione nella quale vuole andare, aver chiaro ciò che la differenzia dai competitor e conoscere la sua target audience (pubblico di riferimento).

Solo dopo questa analisi dettagliata l’azienda riuscirà a veicolare i propri valori e la propria USP e potrà mettere in atto attività di comunicazione e marketing basate su solide fondamenta.

2)Azione

Una volta definita la propria identità aziendale, è il momento di comunicarla e promuoverla, sfruttando i canali più giusti per il proprio target. Possono essere canali digitali o tradizionali, o un mix dei due. Non ci sono regole prestabilite, tutto cambia in base al proprio cliente ideale.

Se si conosce bene la propria target audience (si è fatta quindi una buona analisi) sarà facile scegliere lo stile comunicativo ed il tono di voce da adottare, nonché i canali di comunicazione.

L’obiettivo è creare interesse e fiducia nell’utente che ancora non conosce il brand e fedeltà nel cliente già acquisito.

In questa fase, coinvolgere il consumatore è essenziale e significa lavorare sul piano emozionale: cosa pensa e cosa prova quando viene in contatto con il brand? Che emozioni suscita in lui quel prodotto/servizio, il suo packaging e la pubblicità? 

Pensare al cliente e non alla mera vendita aiuterà a rendere unica l’esperienza col brand.

Fai un cliente, non una vendita

strategia di branding

Strumenti per veicolare il proprio brand:

Come già detto, gli strumenti per diffondere il proprio brand sono tanti e diversi. Secondo la nostra esperienza di web agency, quelli attualmente più fruttuosi sono:

  • Sito web: Il sito web, che sia un e-commerce o un sito di rappresentanza, rimane uno dei più forti strumenti di cui l’azienda può avvalersi on line per presentarsi al pubblico, generare e diffondere le proprie comunicazioni. È una base, un luogo virtuale dove l’utente atterra per conoscere meglio l’azienda. Pertanto, è il caso di accoglierlo bene: grafiche creative, curate ed in linea con il resto della visual identity aziendale, contenuti utili e interessanti ed un’usabilità fluida e piacevole.
  •  Logo e payoff: Un logo deve avere dei requisiti specifici per essere incisivo e rimanere impresso nella memoria del consumatore. Un buon graphic designer dovrebbe essere in grado di creare un logo:

-Originale: no a loghi già visti o banali
-Rappresentativo del settore in cui opera l’azienda
-Facile da capire e leggere
-Adattabile a vari supporti
-Memorizzabile e memorabile

Anche il payoff ha la sua importanza; solitamente per realizzarlo i copywriter lavorano assieme ai grafici per confezionare un tutt’uno coerente e d’impatto col logo.
Un payoff ben riuscito è breve ed orecchiabile, una sorta di “tormentone” che s’imprimerà nella mente delle persone.

  • Content marketing: Per tener vivo l’interesse degli utenti si possono creare i cosiddetti contenuti di valore (se vuoi approfondire abbiamo scritto un articolo dedicato al content marketing); altro non sono che contenuti testuali come articoli di blog, guide da scaricare, podcast, webinar o post sui social media per intrattenere, incuriosire e informare il pubblico. Costituiscono un’occasione per mostrarsi competenti in materia, mostrare il proprio valore ed emergere dai competitor.
 
  • Social media: I social media possono essere uno strumento per creare e diffondere i contenuti, ma vanno oltre: sono piattaforme di connessione, scambio ed interazione diretta col proprio pubblico.
    Senza dimenticare che sono anche strumenti pubblicitari veri e propri, grazie alle campagne promozionali o l’influencer marketing che sfrutta testimonial noti nel settore per raccontare il brand ai propri follower.
    Non tutte le strategie di branding prevedono l’utilizzo dei social, anche se oggi tutte le realtà vogliono essere presenti su questi canali. È doveroso precisare che non è sufficiente esserci e basta; i social media sono strumenti ricchi di sfaccettature e per sfruttarne le opportunità bisogna conoscerli bene, altrimenti il rischio è che sia solamente una perdita di tempo.
 
  • Email marketing: Oltre a diventare inconfondibile, un brand può aspirare a diventare insostituibile. È chiaro che il successo di un brand dipende in prima linea dalla qualità che offre, non si può infatti aspirare a diventare insostituibili se si vende un prodotto/servizio di media-scarsa qualità. Fatta questa ovvia ma necessaria premessa, suggeriamo l’email marketing come uno degli strumenti per legare a sé un cliente nel tempo, fidelizzandolo.

    Stare in contatto con i propri clienti anche dopo la fase di acquisto significa mantenersi presenti nella loro mente e “trattenerli”, far in modo che non abbiano bisogno di andare in cerca dei competitor.
    Cosa scrivere nelle e-mail? Tutto quello che può interessare il nostro consumatore: dalle offerte e promozioni, ai consigli, ma anche parlare del marchio, delle nuove iniziative e aggiornamenti.

3)Monitoraggio

Monitorare la strategia di brand significa osservare i riscontri che arrivano dal proprio pubblico sui vari canali ed essere pronti a cambiar rotta quando qualcosa non funziona.

Nell’articolo dedicato al rebranding abbiamo visto come le aziende, col passare del tempo, possono avere bisogno di dare una rinfrescata all’immagine o di ridefinire la propria offerta.
A seguito di un restyling del logo, e ancor più di un rebranding, sarà necessario ripensare nuovamente tutta la brand strategy.

Perché nel marketing non c’è nulla di definitivo, i gusti e le abitudini del pubblico mutano ed occorre flessibilità per seguire il flusso del cambiamento anziché farsi schiacciare da esso.

Da quasi 20 anni aiutiamo le aziende a definire la loro brand strategy.